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  13. <title>MPS &#8211; Movimento per il socialismo</title>
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  33. <title>Il 22 maggio tutte e tutti a Bellinzona per manifestare il nostro sostegno al SÌ alle misure di compensazione IPCT</title>
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  35. <dc:creator><![CDATA[Segretariato MPS]]></dc:creator>
  36. <pubDate>Mon, 06 May 2024 15:44:09 +0000</pubDate>
  37. <category><![CDATA[Lavoro]]></category>
  38. <category><![CDATA[Politica]]></category>
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  42. <description><![CDATA[<p>Il prossimo 9 giugno vi saranno alcune importanti votazioni (rinviamo agli articolo apparsi su questi temi sul nostro sito).Importante, a livello cantonale, la votazione sulle misure di compensazione decise dal Parlamento cantonale per evitare una diminuzione delle rendite dei pensioni assicurati presso la cassa cantonale IPCT.ErreDiPi sostiene queste misure e invita tutte e tutti a [&#8230;]</p>
  43. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/05/il-22-maggio-tutte-e-tutti-a-bellinzona-per-manifestare-il-nostro-sostegno-al-si-alle-misure-di-compensazione-ipct/">Il 22 maggio tutte e tutti a Bellinzona per manifestare il nostro sostegno al SÌ alle misure di compensazione IPCT</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
  44. ]]></description>
  45. <content:encoded><![CDATA[<span class="rt-reading-time" style="display: block;"><span class="rt-label rt-prefix">Tempo di lettura:</span> <span class="rt-time">&lt; 1</span> <span class="rt-label rt-postfix">minuto</span></span>
  46. <p>Il prossimo 9 giugno vi saranno alcune importanti votazioni (rinviamo agli articolo apparsi su questi temi sul nostro sito).<br>Importante, a livello cantonale, la votazione sulle misure di compensazione decise dal Parlamento cantonale per evitare una diminuzione delle rendite dei pensioni assicurati presso la cassa cantonale IPCT.<br>ErreDiPi sostiene queste misure e invita tutte e tutti a mobilitarsi per affermare un chiaro SÌ il prossimo 9 giugno di fronte al referendum promosso dalla destra parlamentare.<br>Per questo ha promosso una manifestazione pubblica (BELLINZONA – 22 Giugno – ore 17.15 stazione FFS) a sostegno del SÌ il prossimo 9 giugno. Qui il volantino per questa manifestazione, con l’invito a diffonderlo e a parteciparvi: <a href="https://mps-ti.ch/wp-content/uploads/2024/05/Manif-22-giugno.pdf">https://mps-ti.ch/wp-content/uploads/2024/05/Manif-22-giugno.pdf</a>.<br><br><strong><mark style="background-color:rgba(0, 0, 0, 0)" class="has-inline-color has-luminous-vivid-orange-color">Un voto a sostegno della lista 1 – ErreDiPi &#8211; per le elezioni del consiglio di amministrazione di IPCT<br></mark></strong>Si stanno svolgendo, per corrispondenza, le elezioni per il consiglio di amministrazione di IPCT. Un invito a votare la lista ErreDiPi, la lista no 1.</p>
  47.  
  48.  
  49.  
  50. <figure class="wp-block-image size-large is-resized"><img fetchpriority="high" decoding="async" width="822" height="1024" src="https://mps-ti.ch/wp-content/uploads/2024/05/Immagine-WhatsApp-2024-04-30-ore-18.16.14_06b50594-1-822x1024.jpg" alt="" class="wp-image-21780" style="width:408px;height:auto"/></figure>
  51.  
  52.  
  53.  
  54. <p>Il volantino con i candidati e le candite di ErreDiPi: <a href="https://www.erredipi.ch/">Elezione CdA | rdp sito NUOVO (erredipi.ch)</a><br>e il link per ascoltare alcune dichiarazioni a sostegno della lista ErreDiPi: <a href="https://www.youtube.com/@ErreDiPiOfficial">ErreDiPi &#8211; YouTube</a></p>
  55.  
  56.  
  57.  
  58. <p></p>
  59. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/05/il-22-maggio-tutte-e-tutti-a-bellinzona-per-manifestare-il-nostro-sostegno-al-si-alle-misure-di-compensazione-ipct/">Il 22 maggio tutte e tutti a Bellinzona per manifestare il nostro sostegno al SÌ alle misure di compensazione IPCT</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
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  62. <item>
  63. <title>Gaza, il 7 ottobre in prospettiva storica</title>
  64. <link>https://mps-ti.ch/2024/05/gaza-il-7-ottobre-in-prospettiva-storica/</link>
  65. <dc:creator><![CDATA[Segretariato MPS]]></dc:creator>
  66. <pubDate>Mon, 06 May 2024 07:49:30 +0000</pubDate>
  67. <category><![CDATA[Internazionale]]></category>
  68. <category><![CDATA[Medio Oriente]]></category>
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  70.  
  71. <description><![CDATA[<p>A più di sei mesi e mezzo dall’operazione di Hamas “Diluvio di Al-Aqsa” del 7 ottobre 2023, oltre la barriera che circonda la Striscia di Gaza e dall’operazione “Iron Glaive” dell’esercito israeliano sull’enclave palestinese, il bilancio provvisorio è spaventoso. Sebbene l’attacco del 7 ottobre sia costantemente ribadito come un’operazione antisemita, collocare questo evento in una [&#8230;]</p>
  72. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/05/gaza-il-7-ottobre-in-prospettiva-storica/">Gaza, il 7 ottobre in prospettiva storica</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
  73. ]]></description>
  74. <content:encoded><![CDATA[<span class="rt-reading-time" style="display: block;"><span class="rt-label rt-prefix">Tempo di lettura:</span> <span class="rt-time">8</span> <span class="rt-label rt-postfix">minuti</span></span>
  75. <p>A più di sei mesi e mezzo dall’operazione di Hamas “Diluvio di Al-Aqsa” del 7 ottobre 2023, oltre la barriera che circonda la Striscia di Gaza e dall’operazione “Iron Glaive” dell’esercito israeliano sull’enclave palestinese, il bilancio provvisorio è spaventoso. Sebbene l’attacco del 7 ottobre sia costantemente ribadito come un’operazione antisemita, collocare questo evento in una prospettiva storica aiuta a ri-politicizzarlo e a comprenderne le dinamiche.</p>
  76.  
  77.  
  78.  
  79. <p>Secondo i dati disponibili, il 7 ottobre sono state uccise 1.143 persone, per lo più israeliane: 767 civili, tra cui 36 bambini e 71 stranieri, oltre a 376 soldati e membri delle forze di sicurezza. Quasi 250 persone sono state rapite. Lo stesso giorno, secondo fonti israeliane, più di 1.600 combattenti tra gli aggressori sono stati uccisi sul posto e quasi 200 persone sono state arrestate.</p>
  80.  
  81.  
  82.  
  83. <p>Dal 7 ottobre, secondo fonti di Gaza, sono stati uccisi più di 34.000 palestinesi, di cui circa il 40% bambini (più di 13.500), a cui vanno aggiunte fino a 20.000 persone che si ritiene siano sepolte sotto le macerie e quasi 77.000 feriti, molti dei quali molto gravi. La stragrande maggioranza dei 2,4 milioni di abitanti di Gaza è stata sfollata e l’intera popolazione dell’enclave soffre di una crescente carestia, causata dalle severe restrizioni imposte da Israele sul volume degli aiuti che entrano nell’enclave.</p>
  84.  
  85.  
  86.  
  87. <p>La maggior parte delle case di Gaza è stata distrutta in quella che è certamente la campagna di bombardamenti più distruttiva di questo secolo, e probabilmente la più distruttiva della storia in termini di intensità (combinando scala e rapidità), armi nucleari escluse. Infatti, mentre la bomba atomica sganciata su Hiroshima aveva una resa di 15 chilotoni di TNT, le forze armate israeliane hanno già sganciato quasi cinque volte quel tonnellaggio sui 365 chilometri quadrati di Gaza. Tutte queste cifre sono provvisorie, naturalmente, e continuano ad aumentare, giorno dopo giorno, al momento in cui scriviamo.</p>
  88.  
  89.  
  90.  
  91. <p><strong>Cosa è successo il 7 ottobre?</strong></p>
  92.  
  93.  
  94.  
  95. <p>La reazione immediata di Israele all’attacco del 7 ottobre non è stata solo quella di descriverlo come “il più grande massacro di israeliani in un solo giorno”, il che è indiscutibile, ma anche come “il più grande massacro di ebrei dai tempi della Shoah” – una descrizione molto più discutibile, perché carica di un implicito significato politico. Eppure quest’ultima descrizione è diventata un mantra nei Paesi occidentali, ripresa ad esempio dal Presidente francese Emmanuel Macron, che il 7 febbraio 2024 ha definito il 7 ottobre “il più grande massacro antisemita del nostro secolo” durante una cerimonia in omaggio ai quarantadue cittadini francesi uccisi quel giorno.</p>
  96.  
  97.  
  98.  
  99. <p>Per chiunque tenga presente il terribile bilancio sopra descritto, l’analogia implicita tra l’attacco del 7 ottobre e il massacro nazista degli ebrei deve sembrare del tutto inappropriata, poiché ignora completamente l’effettivo equilibrio di potere e l’identità degli oppressori e degli oppressi in ciascun caso. Come affermano giustamente gli specialisti dell’antisemitismo e della Shoah, firmatari della “Lettera aperta sull’uso improprio della memoria dell’Olocausto” (di seguito una traduzione migliorata dell’originale):</p>
  100.  
  101.  
  102.  
  103. <p><em>È comprensibile che molti membri della comunità ebraica evochino l’Olocausto e i precedenti pogrom quando cercano di dare un senso a ciò che è accaduto il 7 ottobre – i massacri e le immagini che sono state diffuse in seguito hanno attinto alla memoria collettiva profondamente radicata dell’antisemitismo genocida, motivato da una storia ebraica troppo recente.</em></p>
  104.  
  105.  
  106.  
  107. <p><em>Tuttavia, appellarsi alla memoria dell’Olocausto oscura la nostra comprensione dell’antisemitismo che gli ebrei affrontano oggi e travisa pericolosamente le cause della violenza in Israele-Palestina. Il genocidio nazista ha coinvolto uno Stato – e la sua volenterosa società civile – che ha attaccato una minuscola minoranza, trasformandosi poi in un genocidio su scala continentale. Ecco perché i paragoni della crisi in corso in Israele-Palestina con il nazismo e l’Olocausto – soprattutto quando provengono da leader politici e da altri soggetti in grado di influenzare l’opinione pubblica – sono un fallimento intellettuale e morale.</em></p>
  108.  
  109.  
  110.  
  111. <p>Senza contare che, a prescindere dalle somiglianze che possono esserci tra Hamas e i nazisti, ce ne sono sicuramente di più tra questi ultimi e il governo sionista di estrema destra di Israele. La coalizione è dominata dal Likud, un partito con un pedigree fascista, e comprende ministri che lo storico israeliano dell’Olocausto Daniel Blatman, professore all’Istituto per l’Ebraismo Contemporaneo dell’Università Ebraica di Gerusalemme, non ha esitato a definire “neonazisti” sul quotidiano israeliano Haaretz.</p>
  112.  
  113.  
  114.  
  115. <p><strong>Il 7 ottobre nel suo contesto</strong></p>
  116.  
  117.  
  118.  
  119. <p>Per aver rilevato il 24 ottobre il fatto piuttosto ovvio e banale che il 7 ottobre “non è accaduto nel vuoto”, il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres è stato accusato da Israele di “giustificare il terrorismo”, mentre l’ambasciatore di Israele alle Nazioni Unite ha chiesto le sue dimissioni. Riferendosi all’occupazione post-1967, Guterres ha spiegato che&nbsp;<em>“il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di occupazione soffocante. Hanno visto la loro terra progressivamente divorata dagli insediamenti e preda della violenza; la loro economia soffocata; i loro simili sfollati e le loro case demolite. Le loro speranze di una soluzione politica alla loro situazione sono svanite”.</em></p>
  120.  
  121.  
  122.  
  123. <p>Guterres ha anche affermato che “le rimostranze del popolo palestinese non possono giustificare gli spaventosi attacchi di Hamas. E questi spaventosi attacchi non possono giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese”. Eppure anche Benny Gantz, oppositore politico di Benjamin Netanyahu e presunto membro “moderato” del gabinetto di guerra israeliano del dopo 7 ottobre, ha dichiarato che il Segretario Generale delle Nazioni Unite “giustifica il terrorismo”, aggiungendo che “gli apologeti del terrorismo non possono parlare a nome del mondo”, approvando così tacitamente la richiesta del rappresentante israeliano.</p>
  124.  
  125.  
  126.  
  127. <p>Queste reazioni da parte dei funzionari israeliani sono solo un ulteriore esempio della negazione della realtà comune a tutte le potenze occupanti dei tempi moderni, poiché l’etica dominante e il diritto internazionale dei tempi moderni condannano l’occupazione del territorio di un altro popolo. In realtà, non solo è vero che il 7 ottobre “non è arrivato dal nulla”, ma era del tutto prevedibile che a un certo punto si sarebbe verificata un’esplosione di violenza, in particolare nella Striscia di Gaza.</p>
  128.  
  129.  
  130.  
  131. <p>Nel dicembre 2009, due anni dopo il blocco imposto da Israele a Gaza in seguito al ritiro delle truppe nel 2005 e all’ascesa al potere di Hamas nel 2007, e pochi mesi dopo la prima grande campagna di bombardamenti israeliani contro l’enclave (2008-9), Larry Derfner ha posto ai suoi concittadini israeliani le domande giuste sul Jerusalem Post:</p>
  132.  
  133.  
  134.  
  135. <p><em>La domanda che dobbiamo porci è questa: se qualcuno ci trattasse come noi trattiamo la gente di Gaza, cosa faremmo? […] Non è che non riusciamo a immaginare la vita a Gaza. È che siamo determinati a non provare a immaginarla. Se lo facessimo, potremmo non fermarci lì. Potremmo provare a immaginare come sarebbe se il nostro Paese si trovasse nella situazione in cui abbiamo lasciato Gaza. E prima o poi&nbsp;potremmo provare a immaginare cosa faremmo se vivessimo qui come loro vivono lì.</em></p>
  136.  
  137.  
  138.  
  139. <p><em>O addirittura non cosa faremmo, ma solo cosa penseremmo delle persone e del Paese che ci hanno fatto questo e non ci permettono nemmeno di rimetterci in piedi una volta finita la guerra. Che hanno bloccato le nostre frontiere e hanno permesso l’ingresso di rifornimenti solo a livello minimo per il nostro sostentamento, in modo da evitare la fame e le epidemie di massa.</em></p>
  140.  
  141.  
  142.  
  143. <p>In realtà, descrivere Hamas come principalmente motivato dall’antisemitismo e legato ai nazisti è semplicemente la continuazione, nell’attuale nuovo intenso episodio della guerra delle narrazioni arabo-israeliana, di un vecchio e collaudato stratagemma narrativo, inaugurato dallo sfruttamento, dopo il 1945, della figura di Amin al-Husseini per presentare la conquista sionista della terra palestinese nel 1948 come la battaglia finale della Seconda guerra mondiale. L’ultimo episodio di conquista coloniale in epoca moderna potrebbe così essere presentato come l’ultima battaglia contro il nazismo.</p>
  144.  
  145.  
  146.  
  147. <p>Questo stratagemma funziona bene in quelle parti del mondo che portano la colpa del genocidio nazista degli ebrei europei: tra le popolazioni i cui antenati sono stati autori del crimine, complici diretti o spettatori impassibili, compresi i Paesi che hanno sbattuto le porte in faccia ai rifugiati ebrei. Questo stratagemma non funziona, però, per la maggior parte dell’umanità dei Paesi del Sud globale, che hanno avuto scarso interesse per la Seconda guerra mondiale e hanno sempre percepito i palestinesi non come continuatori dell’imperialismo nazista, ma come continuatori della lunga e sanguinosa serie di vittime coloniali.</p>
  148.  
  149.  
  150.  
  151. <p><strong>Flashback storico: Angola 1961</strong></p>
  152.  
  153.  
  154.  
  155. <p>Poco dopo il 7 ottobre, il mio amico Michel Cahen, specialista francese di storia dell’Africa lusofona, ha richiamato la mia attenzione su un episodio storico avvenuto in Angola nel 1961, che aveva una forte somiglianza con gli eventi che si stanno attualmente svolgendo in Medio Oriente. Incuriosito, ho fatto delle ricerche e ho scoperto che il parallelo andava ben oltre il momento del 7 ottobre. Ecco i fatti.</p>
  156.  
  157.  
  158.  
  159. <p>Nel 1961, nel contesto di un importante avanzamento della decolonizzazione nel continente africano, il risentimento contro l’intrattabile colonialismo portoghese era cresciuto notevolmente in Angola, soprattutto dopo che la vicina Repubblica del Congo (poi divenuta Repubblica Democratica del Congo) aveva ottenuto l’indipendenza dal dominio coloniale belga l’anno precedente, spingendo le autorità coloniali portoghesi a intensificare la repressione dei combattenti indipendentisti angolani. La lotta armata anticoloniale si stava facendo strada negli ultimi territori coloniali dell’Africa e l’Angola non faceva eccezione. Uno dei movimenti anticoloniali era l’Unione dei Popoli dell’Angola (UPA), il cui leader, Holden Roberto, aveva legami sia con il Fronte di Liberazione Nazionale Algerino – il cui nome sarebbe poi diventato Fronte di Liberazione Nazionale dell’Angola (FLNA) – sia con la CIA.</p>
  160.  
  161.  
  162.  
  163. <p>Il 15 marzo 1961, i combattenti dell’UPA attraversarono il confine dal Congo all’Angola settentrionale, affiancati da un gran numero di indigeni locali. Una massa eterogenea di quattro-cinquemila uomini, alcuni armati di fucile e la maggior parte di machete, si scatenò in una furia omicida, uccidendo con orrore indescrivibile diverse centinaia, se non un migliaio (non ci sono cifre precise), di coloni bianchi – uomini, donne, neonati e bambini – e molti altri angolani di altre etnie e meticci. Come scrisse Maria da Conceição Neto sessant’anni dopo,<em>&nbsp;“le immagini di bianchi, meticci e neri massacrati sarebbero diventate il fulcro della propaganda portoghese volta a screditare gli aggressori come “terroristi” e “barbari” senza alcun obiettivo politico. Ancora oggi, queste sono le immagini più diffuse del “15 marzo”, creando immediatamente una barriera alla comprensione di quanto accaduto…”.</em></p>
  164.  
  165.  
  166.  
  167. <p>Il governo portoghese del dittatore di estrema destra António de Oliveira Salazar – che a questo scopo assunse personalmente il Ministero della Difesa – lanciò una massiccia campagna di rappresaglia, con un uso intensivo dell’aviazione. Nel giro di pochi mesi, decine di migliaia di persone (più di 50.000 alla fine dell’anno, secondo Nkwelle Ekaney) furono uccise tra la popolazione nera, con numerosi villaggi bruciati e rasi al suolo in una vasta area. Una delle principali armi utilizzate dall’aviazione portoghese per perpetrare questo massacro genocida fu il napalm fornito dall’amministrazione americana di John F. Kennedy.</p>
  168.  
  169.  
  170.  
  171. <p>Altri due elementi della documentazione storica sono rilevanti in questo caso. In primo luogo, l’UPA/FLNA continuerà ad essere un rivale del Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola (MPLA), sostenuto dalla CIA e dall’URSS. Ma il Portogallo di estrema destra era un membro fondatore della NATO.</p>
  172.  
  173.  
  174.  
  175. <p>Di conseguenza, come Roberto stesso spiegò in seguito a un ricercatore svedese:</p>
  176.  
  177.  
  178.  
  179. <p><em>“Non potevamo ottenere alcun aiuto dai Paesi occidentali, a causa della NATO e del rapporto con il Portogallo. Non avevamo alcun sostegno. Il poco sostegno su cui potevamo contare proveniva da Paesi africani e arabi come la Tunisia. E da Israele, che è stato molto importante per noi. Il governo israeliano ci ha aiutato all’epoca.</em></p>
  180.  
  181.  
  182.  
  183. <p><em>Tor Sellström: Con le armi?</em></p>
  184.  
  185.  
  186.  
  187. <p><em>Holden Roberto: Con le armi. Con l’aiuto di Golda Meir.”</em></p>
  188.  
  189.  
  190.  
  191. <p>In secondo luogo, Frantz Fanon, che aveva incoraggiato Roberto a lanciare la lotta armata, commentò gli eventi angolani nel capitolo intitolato “Grandezza e debolezza dello spontaneismo” del suo famoso libro del 1961&nbsp;<em>I dannati della terra</em>&nbsp;nei seguenti termini:</p>
  192.  
  193.  
  194.  
  195. <p><em>“Il 15 marzo 1961 i contadini angolani si lanciarono in gruppi di due o tremila contro le posizioni portoghesi. Uomini, donne e bambini, armati o disarmati, con il loro coraggio e il loro entusiasmo, si precipitarono in masse compatte e in ondate successive sulle regioni dove dominavano il colonizzatore, il soldato e la bandiera portoghese. Villaggi e campi d’aviazione furono circondati e subirono assalti multipli, ma anche migliaia di angolani furono falciati dal fuoco delle mitragliatrici colonialiste. Non ci volle molto perché i leader dell’insurrezione angolana si rendessero conto che dovevano trovare qualcos’altro se volevano davvero liberare il loro Paese. Così, negli ultimi mesi, il leader angolano Holden Roberto ha riorganizzato l’Esercito nazionale angolano, tenendo conto delle diverse guerre di liberazione e utilizzando tecniche di guerriglia”.</em></p>
  196.  
  197.  
  198.  
  199. <p>Quale delle due seguenti sequenze storiche assomiglia di più agli attentati anti-israeliani del 7 ottobre guidati da Hamas e alla successiva offensiva condotta dal governo israeliano di estrema destra: un massacro anti-ebraico commesso dai nazisti seguito dalla distruzione degli ebrei europei perpetrata dagli stessi nazisti; oppure il massacro anti- portoghese commesso dall’UPA e la successiva offensiva condotta dal governo portoghese di estrema destra con la complicità degli Stati Uniti?</p>
  200.  
  201.  
  202.  
  203. <p>Gli angolani guidati dall’UPA il 15 marzo erano motivati principalmente dal razzismo anti-bianco o dall’odio per l’oppressione coloniale portoghese? Allo stesso modo, i palestinesi guidati da Hamas il 7 ottobre erano motivati principalmente dall’antisemitismo o dall’odio per l’oppressione coloniale israeliana? Le risposte a queste domande dovrebbero essere ovvie per chiunque non sia accecato dal razzismo anti-palestinese, anti-arabo o anti-musulmano e dalla “simpatia narcisistica” verso gli israeliani percepiti come bianchi.</p>
  204.  
  205.  
  206.  
  207. <p><strong><em>*testo originale tratto da </em></strong><a href="http://www.yaani.fr"><strong><em>www.yaani.fr</em></strong></a><strong><em>. La traduzione dal francese è stata curata da Cinzia Nachira ed è apparsa su </em></strong><a href="http://www.rproject.it"><strong><em>www.rproject.it</em></strong></a><strong><em> </em></strong></p>
  208.  
  209.  
  210.  
  211. <p></p>
  212. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/05/gaza-il-7-ottobre-in-prospettiva-storica/">Gaza, il 7 ottobre in prospettiva storica</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
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  215. <item>
  216. <title>Il caos nel mondo e in America</title>
  217. <link>https://mps-ti.ch/2024/05/il-caos-nel-mondo-e-in-america/</link>
  218. <dc:creator><![CDATA[Segretariato MPS]]></dc:creator>
  219. <pubDate>Sat, 04 May 2024 14:38:13 +0000</pubDate>
  220. <category><![CDATA[Internazionale]]></category>
  221. <guid isPermaLink="false">https://mps-ti.ch/?p=21769</guid>
  222.  
  223. <description><![CDATA[<p>Questo interessante articolo è tratto dal numero 230 (maggio 2024) di “Against the Current”, la rivista politica delle compagne e dei compagni dell’organizzazione statunitense socialista, femminista e antirazzista Solidarity, organizzazione simpatizzante della Quarta Internazionale. Il “supermartedì” (il 5 marzo, quando si è votato contemporaneamente in un grande numero di stati degli Stati Uniti, per eleggere [&#8230;]</p>
  224. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/05/il-caos-nel-mondo-e-in-america/">Il caos nel mondo e in America</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
  225. ]]></description>
  226. <content:encoded><![CDATA[<span class="rt-reading-time" style="display: block;"><span class="rt-label rt-prefix">Tempo di lettura:</span> <span class="rt-time">8</span> <span class="rt-label rt-postfix">minuti</span></span>
  227. <p><em>Questo interessante articolo è tratto dal numero 230 (maggio 2024) di “Against the Current”, la rivista politica delle compagne e dei compagni dell’organizzazione statunitense socialista, femminista e antirazzista Solidarity, organizzazione simpatizzante della Quarta Internazionale.</em></p>
  228.  
  229.  
  230.  
  231. <p>Il “supermartedì” (il 5 marzo, quando si è votato contemporaneamente in un grande numero di stati degli Stati Uniti, per eleggere i delegati a sostegno dei candidati in corsa per la Casa bianca,NdT), la campagna presidenziale di Nikki Hayley e il tentativo del Colorado di impedire a Donald Trump di poter candidarsi sono definitivamente tramontati. Gli Stati Uniti d’America si avviano, o per meglio dire inciampano, verso la scelta presidenziale di novembre che pochi (al di fuori dei fan di Trump) desiderano davvero.</p>
  232.  
  233.  
  234.  
  235. <p>Qualunque sia il risultato – una vittoria di Biden o di Trump – rischia di essere riconosciuto come illegittimo da ampi settori della popolazione, aprendo una potenziale crisi più profonda. Per quanto riguarda la strategia di voto, la nostra rivista tornerà sul tema per proporre una serie di prospettive.</p>
  236.  
  237.  
  238.  
  239. <p>In questa sede analizzeremo come le disfunzioni, il caos incombente nella politica borghese statunitense e il disordine globale esistente e crescente si intersecano e tendono ad amplificarsi a vicenda.</p>
  240.  
  241.  
  242.  
  243. <p>Due guerre, due invasioni genocide occupano il centro della scena – dove sia a Gaza che in Ucraina le atrocità mostruose di ogni giorno sono superate solo da quelle del giorno dopo – e hanno un impatto sia sugli Stati Uniti che sul presunto ordine internazionale “basato sulle regole”, così come viene beffardamente chiamato.</p>
  244.  
  245.  
  246.  
  247. <p>Nelle elezioni americane, occorre chiarire fin dall’inizio, che la discussione non verte tanto sulle regole dell’ “economia”, perlomeno di quello che se ne discute in termini convenzionali. Emergono invece le esperienze vissute. Nonostante l’incertezza del quadro economico, le statistiche generali sembrano abbastanza discrete per quanto riguarda la crescita del PIL nazionale, la spesa dei consumatori, gli investimenti infrastrutturali del governo, l’allentamento dei tassi di inflazione e tutto il resto. L’economia statunitense sotto Biden sembra piuttosto in buone condizioni, in particolare se confrontata alla maggior parte dell’Europa e certamente alla Cina in crisi.</p>
  248.  
  249.  
  250.  
  251. <p>Ma se questo quadro generale non rappresenta la realtà quotidiana per decine di milioni di persone, la causa non è legata ai dati macroeconomici, ma piuttosto alle brutali disuguaglianze e alle disfunzioni sociali – razzismo strutturale, sanità pubblica disastrosa, scarso accesso a case e istruzione a prezzi accessibili – che lasciano indietro settori importanti della popolazione, tra cui i giovani, le comunità razziali e rurali economicamente depresse, e contribuiscono in larga misura alla catastrofe dell’overdose di oppioidi.</p>
  252.  
  253.  
  254.  
  255. <p>Questo scollamento non riguarda solo gli Stati Uniti: è uno dei principali fattori di un’ondata globale di forze autoritarie, di estrema destra, razziste e anti-immigrati. Le recenti competizioni elettorali mostrano risultati contrastanti: l’estrema destra ha certo subito battute d’arresto nelle elezioni brasiliane, polacche e turche (municipali), ma ha guadagnato terreno in Slovacchia, Indonesia, Argentina, Ecuador ed El Salvador.</p>
  256.  
  257.  
  258.  
  259. <p>Negli Stati Uniti, ciò che sta portando molta rabbia popolare nei confronti della presidenza Biden è in realtà il prodotto di politiche bipartisan di lunga data. La massiccia crisi migratoria e della politica d’asilo al confine con gli Stati Uniti e nelle nostre città è innanzitutto un’emergenza di vita o di morte per le persone che intraprendono questi viaggi disperati e un incubo per i migranti richiusi nei centri di detenzione in condizioni brutali. È anche un enorme fardello per le comunità di confine e le città statunitensi che cercano di accogliere i nuovi arrivati.</p>
  260.  
  261.  
  262.  
  263. <p>Contrariamente all’isteria della destra e dello slogan trumpiano del “Make America Great Again” (MAGA -Redi l’America di Nuovo grande&nbsp; NdT), questo disastro non ha nulla a che vedere con le immaginarie “frontiere aperte di Biden” o con il “catch and release”. È invece il risultato diretto di decenni di “libero commercio” che hanno distrutto l’agricoltura messicana e centroamericana; di dittature genocide sostenute dagli Stati Uniti e di guerre controrivoluzionarie, per non parlare dei rovinosi interventi ad Haiti e delle devastanti sanzioni al Venezuela e a Cuba; e forse, soprattutto, della folle “guerra alla droga” durata mezzo secolo che ha prevedibilmente favorito un’industria continentale di bande e cartelli narcotrafficanti.</p>
  264.  
  265.  
  266.  
  267. <p>E non hanno affatto aiutato i regimi brutali e autoritari in Asia e Africa. Le migrazioni di massa e le loro ricadute politiche non possono essere comprese solo nel contesto statunitense. Circa 100 milioni di persone sono sfollate a causa dei fallimenti del sistema capitalistico mondiale, che si esprimono in guerre e genocidi, crolli politici e catastrofi ambientali. I paesi europei si trovano ad affrontare flussi migratori e livelli spaventosi di morti nel Mar Mediterraneo. La violenza anti-immigrati si è diffusa anche in Sudafrica, sottolineando la portata davvero globale di questa crisi.</p>
  268.  
  269.  
  270.  
  271. <p>Mentre cercano di sfruttare il contraccolpo razzista per ottenere vantaggi politici, le forze dell’estrema destra in Europa e il culto di Trump e del MAGA negli Stati Uniti hanno parecchio in comune, cercano di raggrupparsi sotto la bandiera della “salvezza della civiltà cristiana bianca” – e hanno un partner disponibile in Vladimir Putin.</p>
  272.  
  273.  
  274.  
  275. <p><strong>Ucraina, Palestina e oltre</strong></p>
  276.  
  277.  
  278.  
  279. <p>Le guerre in Ucraina e Palestina evidenziano, tra l’altro, le conseguenze dell’immobilismo politico e del cinismo imperiale degli Stati Uniti. Per dirla senza mezzi termini: l’Ucraina, senza le armi necessarie per difendersi dall’invasione della Russia, assomiglierebbe a ciò che Israele ha fatto a Gaza con il pieno sostegno degli Stati Uniti. Ogni città ucraina assomiglierebbe già a Gaza City e Khan Yunis. E per quanto riguarda Gaza, senza un immediato cessate il fuoco permanente, quella che è stata definita “la più grande prigione a cielo aperto del mondo” è diventata un campo di morte e di fame di massa.</p>
  280.  
  281.  
  282.  
  283. <p>Per sei mesi dopo il 7 ottobre, l’amministrazione Biden ha sostenuto il mantra di Netanyahu che dichiara di voler “distruggere Hamas”. Ciò significa annientare Gaza – e l’intenzione di Israele di distruggere irreversibilmente la società della Striscia, ponendo fine a qualsiasi speranza di libertà palestinese, è tanto esplicita quanto l’obiettivo della Russia di eliminare l’Ucraina come nazione indipendente.</p>
  284.  
  285.  
  286.  
  287. <p>Nel pozzo nero di Washington, gli aiuti essenziali per l’Ucraina sono imbottigliati dall’ala repubblicana pro-Putin del Congresso – e incatenati ad altri miliardi di dollari statunitensi, sostenuti dalla leadership democratica e repubblicana, per il genocidio di Israele a Gaza. Questo accade proprio quando una crescente maggioranza dell’opinione pubblica statunitense sostiene un cessate il fuoco per fermare il massacro in Palestina e continua a sostenere la lotta per la sopravvivenza dell’Ucraina.</p>
  288.  
  289.  
  290.  
  291. <p>La depravazione del sostegno di “Genocide Joe” Biden alla guerra di Benjamin Netanyahu è indescrivibile. Il buco elettorale che ha scavato per sé e per i Democratici tra gli elettori arabi, musulmani, giovani e progressisti potrebbe rivelarsi troppo profondo per essere colmato – anche se non è nostro scopo in questo articolo prevederne le eventuali conseguenze elettorali.</p>
  292.  
  293.  
  294.  
  295. <p>Il cospicuo numero di &nbsp;“Uncommitted” o voti in bianco nelle primarie democratiche di Michigan, Minnesota, North Carolina, Hawaii, Wisconsin e New York hanno mostrato la rabbia contro l’avallo americano al genocidio di Israele a Gaza. Così come la grande coalizione di attivisti palestinesi, ebrei e contrari alla guerra nelle strade tra la Casa Bianca e il Campidoglio, che ha ritardato il corteo di auto per il discorso di Biden sullo “Stato dell’Unione”.</p>
  296.  
  297.  
  298.  
  299. <p>Solo dopo le crescenti proteste, sulla scia dell’attacco sanguinario e mirato di Israele al convoglio di aiuti alimentari della World Central Kitchen, l’amministrazione Biden ha annunciato che il massacro di Gaza sarebbe “sproporzionato”. Nel frattempo, mentre Donald Trump esulta apertamente per il genocidio, sulla scena mondiale è già chiaro chi sostiene il ritorno di Trump alla Casa Bianca: Netanyahu, Vladimir Putin, l’ungherese Viktor Orban e altri autoritari e aspiranti autocrati.</p>
  300.  
  301.  
  302.  
  303. <p>Non solo il presidente russo a vita Putin crede che le sue ambizioni annessionistiche in Ucraina possano essere realizzate, ma il suo primo ministro fantoccio Medvedev proietta l’obiettivo russo di spartire un’Ucraina sconfitta tra Russia, Ungheria, Moldavia e altri stati vicini. (Questo non ci ricorda quando i saggi politici statunitensi pensavano che dividere l’Iraq in tre mini-stati separati sarebbe stata un’idea davvero intelligente?)</p>
  304.  
  305.  
  306.  
  307. <p>È probabile un risultato così estremo? Non nell’immediato, ma senza gli aiuti essenziali, le prospettive dell’Ucraina sono pessime.</p>
  308.  
  309.  
  310.  
  311. <p><strong>Conflitto allargato in vista</strong></p>
  312.  
  313.  
  314.  
  315. <p>Con profonde implicazioni future, c’è un chiaro vincitore nella guerra in Ucraina: la NATO, con l’adesione di Finlandia e Svezia, da tempo ufficialmente neutrali. Le conseguenze supereranno di gran lunga la crisi attuale.</p>
  316.  
  317.  
  318.  
  319. <p>Si parla molto del fatto che, senza il pieno consenso degli Stati Uniti, gli altri membri della NATO non possono mettere in piedi la capacità produttiva per rifornire l’Ucraina contro le brutali avanzate di Mosca. Un ulteriore allarme nelle capitali europee deriva dal fatto che Donald Trump ha sbandierato alla sua base neo-isolazionista la prospettiva di allontanarsi dalla NATO e di invitare la Russia “a fare quello che diavolo vuole”. Questi fattori giocano ora a favore di Putin, che non esita a sfruttare militarmente e politicamente, sia in Europa che nelle elezioni statunitensi. Ma i Paesi della NATO inizieranno a rafforzarsi, non solo per il sostegno all’Ucraina oggi, ma anche per la prospettiva a lungo termine di conflitti con la Russia di Putin e forse con quella del dopo Putin.</p>
  320.  
  321.  
  322.  
  323. <p>Nei prossimi anni, un’Europa riarmata potrebbe creare un’apparenza di “equilibrio” militare, mentre in realtà aggrava l’instabilità a lungo termine e i pericoli di guerra. Le speranze di una pace duratura dopo la Guerra Fredda sono state vanificate dal duplice trionfo del capitalismo neoliberista in Occidente e gangster-oligarchico nella Russia post-sovietica. Per quanto riguarda un’eventuale presidenza Trump, questa prospettiva certamente incoraggia l’estrema destra europea – e allo stesso tempo sprona i partner della NATO a intensificare le loro spese militari.</p>
  324.  
  325.  
  326.  
  327. <p>A prescindere dalle minacce verbali di Trump sul futuro dell’alleanza e dal fatto che le intenda o meno mettere in pratica, non è così facile infrangere gli obblighi del trattato nei confronti della NATO, né pensiamo che la classe dirigente imperialista statunitense lo tollererebbe. Soprattutto, il pensiero strategico imperiale guarda molto più avanti, ai futuri confronti con la Cina, in cui gli Stati Uniti dovranno avere le loro principali alleanze in Europa e in Asia ben allineate.</p>
  328.  
  329.  
  330.  
  331. <p>Tutto ciò aiuta a comprendere come (e lo abbiamo suggerito all’inizio) gli elementi del caos politico statunitense e globale si alimentino a vicenda. Le questioni letteralmente scottanti includono l’incapacità del capitalismo di affrontare – anzi, la sua tendenza a peggiorare – i disastri diffusi del cambiamento climatico, le calamità incontrollate in Sudan, Haiti e nella Repubblica Democratica del Congo (per citarne solo tre) e ora la minaccia emergente del confronto militare nello spazio, fino a includere le armi nucleari istallate su satelliti.</p>
  332.  
  333.  
  334.  
  335. <p>Per quanto orribili di per sé, le guerre di Gaza e dell’Ucraina portano sotto i riflettori ciò che il Sud globale ha vissuto per molto tempo, per lo più nascosto dai titoli dei giornali. Genocidi potenziali e reali sono sempre presenti nel funzionamento del tanto decantato ordine globale.</p>
  336.  
  337.  
  338.  
  339. <p><strong>Prospettive americane</strong><br><br>Tornando all’arena statunitense, i segnali incoraggianti riguardano, naturalmente, l’ondata di sostegno alla sopravvivenza della Palestina, la resistenza agli oltraggiosi assalti ai diritti di aborto e alla libertà riproduttiva delle donne e l’aumento dell’attivismo sindacale nell’industria e nei settori che vanno dai fast-food ai lavoratori dell’istruzione superiore.</p>
  340.  
  341.  
  342.  
  343. <p>Per quanto riguarda le prossime elezioni americane e la competizione presidenziale che così pochi vogliono, sappiamo che il risultato non risolverà nessuno dei conflitti fondamentali della nostra società e del suo sistema politico disfunzionale, non rappresentativo e guidato dalle élite.</p>
  344.  
  345.  
  346.  
  347. <p>Immaginiamo – perché ne abbiamo bisogno, non perché lo vogliamo – una seconda presidenza Trump con i suoi assalti ai diritti delle donne, dei lavoratori e di tutte le persone non privilegiate, la distruzione di ogni parvenza di politica ambientale e climatica, il tentativo promesso di deportare milioni di persone, la paralisi totale delle norme e delle istituzioni democratiche e repubblicane di piccola taglia e il potenziale scatenamento della repressione di stato e delle milizie tipo Proud Boys e Oath Keeper per terrorizzare le attività dei dissidenti.</p>
  348.  
  349.  
  350.  
  351. <p>Le forze che stanno dietro a Trump intendono apertamente attuare rapidamente tagli sociali selvaggi, colpi di mano giudiziari a tutti gli effetti, divieti sull’aborto a livello federale e statale, divieti sui diritti dei disabili e dei trans, tra le altre cose, trasformazioni dottrinali di destra dell’istruzione scolastica e universitaria, restrizioni ai diritti degli elettori e altro ancora, sperando che il loro dominio sia in grado di superare la sfida popolare democratica.</p>
  352.  
  353.  
  354.  
  355. <p>Tutto questo rafforzerebbe ulteriormente l’estrema destra globale a livello elettorale, nelle strade e potenzialmente nell’organizzazione di colpi di stato militari contro governi di “sinistra” o riformatori (ad esempio Brasile, Colombia, Bolivia…). Le conseguenze per la Palestina e l’Ucraina, tra le tante, sono orribili solo da immaginare.</p>
  356.  
  357.  
  358.  
  359. <p>I liberali e i democratici non hanno torto a sottolineare l’entità della minaccia. Il problema è che la loro politica esclude qualsiasi programma efficace per sconfiggerla.</p>
  360.  
  361.  
  362.  
  363. <p>In alternativa, contro l’incubo per l’America e per il mondo di una seconda ascesa di Trump, c’è la possibilità che l’amministrazione Biden, cinica e moralmente compromessa, riesca ad ottenere un secondo mandato, con maggioranze al Congresso e al Senato nel migliore dei casi minuscole – o più probabilmente minoranze in una o entrambe le camere.</p>
  364.  
  365.  
  366.  
  367. <p>In tal caso, le forze di destra, di estrema destra e nazionaliste bianche saranno ancora in movimento, alimentate da nuove e vecchie mitologie di rifiuto dei risultati delle elezioni e di “grande sostituzione”. La minaccia che rappresentano potrebbe essere rallentata, anche se a malapena e temporaneamente, ma non certo sconfitta.</p>
  368.  
  369.  
  370.  
  371. <p>Le opzioni elettorali per le forze di sinistra socialiste e dei movimenti sociali negli Stati Uniti saranno discusse e dibattute nelle nostre pagine e, naturalmente, in modo più ampio. Certamente i nostri movimenti non controllano l’esito elettorale nel 2024, e possono al massimo avere un’influenza marginale negli “swing states” molto contestati e forse di più in alcune importanti competizioni elettoriali locali.</p>
  372.  
  373.  
  374.  
  375. <p>Ma in ogni caso i nostri compiti fondamentali ruotano, come hanno sempre fatto, sull’organizzazione dei movimenti di resistenza, che siano per il lavoro, per i diritti riproduttivi, per la Palestina, per l’Ucraina, e per iniziare a forgiare una politica indipendente e genuinamente progressista, necessaria da tempo.</p>
  376.  
  377.  
  378.  
  379. <p></p>
  380. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/05/il-caos-nel-mondo-e-in-america/">Il caos nel mondo e in America</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
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  383. <item>
  384. <title>Il destino della Palestina alla luce dell&#8217;attacco a Gaza</title>
  385. <link>https://mps-ti.ch/2024/05/il-destino-della-palestina-alla-luce-dellattacco-a-gaza/</link>
  386. <dc:creator><![CDATA[di Gilbert Achcar*]]></dc:creator>
  387. <pubDate>Fri, 03 May 2024 06:29:25 +0000</pubDate>
  388. <category><![CDATA[Internazionale]]></category>
  389. <category><![CDATA[Medio Oriente]]></category>
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  391.  
  392. <description><![CDATA[<p>L&#8217;attuale offensiva contro la Striscia di Gaza, accompagnata da una pericolosa escalation di attacchi sionisti in Cisgiordania, rappresenta senza dubbio la fase più grave dell&#8217;aggressione sionista che continua sulla scena palestinese dalla Nakba del 1948. È quindi un grande paradosso che questo attacco parossistico possa produrre risultati completamente opposti a quelli della guerra che ebbe [&#8230;]</p>
  393. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/05/il-destino-della-palestina-alla-luce-dellattacco-a-gaza/">Il destino della Palestina alla luce dell&#8217;attacco a Gaza</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
  394. ]]></description>
  395. <content:encoded><![CDATA[<span class="rt-reading-time" style="display: block;"><span class="rt-label rt-prefix">Tempo di lettura:</span> <span class="rt-time">4</span> <span class="rt-label rt-postfix">minuti</span></span>
  396. <p>L&#8217;attuale offensiva contro la Striscia di Gaza, accompagnata da una pericolosa escalation di attacchi sionisti in Cisgiordania, rappresenta senza dubbio la fase più grave dell&#8217;aggressione sionista che continua sulla scena palestinese dalla Nakba del 1948. È quindi un grande paradosso che questo attacco parossistico possa produrre risultati completamente opposti a quelli della guerra che ebbe luogo più di tre quarti di secolo fa. Dopo la sua tumultuosa nascita nel 1948, lo Stato sionista è stato considerato dai Paesi arabi un&#8217;entità coloniale illegittima, nonostante la legittimità concessagli dalle Nazioni Unite. La verità è che all&#8217;epoca l&#8217;organizzazione internazionale era sotto il totale dominio dei Paesi del Nord a capo degli imperi coloniali, mentre la maggior parte degli attuali Stati membri dell&#8217;organizzazione era sotto il giogo coloniale, senza alcuna rappresentanza nei consessi internazionali.</p>
  397.  
  398.  
  399.  
  400. <p>La sconfitta araba del 1967 ha portato gli Stati arabi a ritirarsi da questa posizione storica e ad accettare la legittimità dello Stato sionista all&#8217;interno dei suoi confini precedenti la Guerra dei Sei Giorni. Ciò avvenne con l&#8217;accettazione della Risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (22 novembre 1967), adottata meno di tre mesi dopo che un vertice arabo nella capitale sudanese, Khartoum, aveva proclamato tre principi: &#8220;Nessuna conciliazione, nessun riconoscimento, nessun negoziato&#8221;. Questa terna di rifiuta di Khartoum era in realtà contraddetta dal loro stesso contesto, che richiedeva &#8220;sforzi politici&#8221; per &#8220;eliminare i risultati dell&#8217;aggressione&#8221; ottenendo il ritiro dell&#8217;esercito sionista ai confini prebellici.</p>
  401.  
  402.  
  403.  
  404. <p>Quanto all&#8217;Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), dopo aver rifiutato categoricamente la risoluzione 242 appena pubblicata, si è progressivamente adattata ad essa, adottando il programma di uno &#8220;Stato palestinese indipendente&#8221; accanto allo Stato sionista, fino ad accettare ufficialmente la risoluzione nel 1988, in occasione di una riunione del suo Consiglio nazionale tenutasi ad Algeri. Seguì l&#8217;accordo di Oslo del 1993, siglato da Yasser Arafat e Mahmoud Abbas nella convinzione che avrebbe portato all&#8217;auspicato &#8220;Stato indipendente&#8221;, anche se non prevedeva nemmeno il ritiro dell&#8217;esercito sionista dai territori del 1967, ma solo il suo dislocamento al di fuori delle aree ad alta densità di popolazione palestinese, né lo smantellamento degli insediamenti, e nemmeno il congelamento delle attività di insediamento, per non parlare dell&#8217;annullamento della decisione di Israele di annettere Gerusalemme Est e del diritto al ritorno dei rifugiati.</p>
  405.  
  406.  
  407.  
  408. <p>L&#8217;accordo di Oslo ha aperto la strada al Regno di Giordania per unirsi all&#8217;Egitto e all&#8217;OLP per &#8220;normalizzare&#8221; le sue relazioni con lo Stato sionista. Il regime di Sadat aveva colto l&#8217;occasione della terza sconfitta dell&#8217;Egitto nel 1973, che aveva descritto come la &#8220;guerra dell&#8217;attraversamento&#8221; (del Canale di Suez) e presentato come una vittoria, per concludere un accordo separato con lo Stato sionista, ispirato alla Risoluzione 242. L&#8217;Egitto recuperò così la penisola del Sinai con una sovranità ridotta e senza la Striscia di Gaza, che gli era stata amministrativamente annessa prima della guerra del 1967. In cambio, l&#8217;Egitto accettò una completa &#8220;normalizzazione&#8221; delle sue relazioni con Israele, al costo di una temporanea rottura delle relazioni con i Paesi arabi.</p>
  409.  
  410.  
  411.  
  412. <p>Cinquant&#8217;anni dopo la &#8220;guerra di attraversamento&#8221; di Sadat e trent&#8217;anni dopo gli accordi di Oslo, è arrivata l&#8217;Operazione Diluvio di Al-Aqsa, concepita come una seconda &#8220;guerra di attraversamento&#8221;. In realtà, ha portato a una seconda Nakba, più disastrosa della prima in termini di dimensioni del massacro genocida, della distruzione e dello sfollamento della popolazione. Mentre altri Paesi arabi si sono uniti al campo della &#8220;normalizzazione&#8221; nel 2020, vale a dire gli Emirati Arabi Uniti, il Regno del Bahrein e il Regno del Marocco (oltre alla cricca militare sudanese), il regno saudita si sta ora preparando a unirsi a loro per completare le condizioni per la creazione di un&#8217;alleanza militare regionale che riunisca le monarchie del Golfo, Egitto, Giordania e Marocco con lo Stato sionista sotto la protezione e la supervisione militare degli Stati Uniti, contro l&#8217;Iran e qualsiasi altra minaccia che possa mettere a repentaglio la sicurezza dei membri regionali dell&#8217;alleanza e gli interessi del loro sponsor americano.</p>
  413.  
  414.  
  415.  
  416. <p>Per quanto riguarda il destino dei palestinesi,&nbsp; &#8220;rimettere la questione sul tavolo&#8221; &#8211; che Hamas è orgoglioso di aver ottenuto con la sua operazione, nonostante l&#8217;enorme costo umano di questo &#8220;successo&#8221; &#8211; ha in realtà portato a vigorosi sforzi internazionali, soprattutto da parte degli Stati Uniti, per far rivivere il progetto di Oslo in un modo ancora peggiore di quello di trent&#8217;anni fa. L&#8217;obiettivo è quello di creare un nuovo Stato palestinese su parti della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, soggetto a uno stretto controllo militare da parte dello Stato sionista attraverso la presenza permanente delle sue forze all&#8217;interno di entrambe le aree, per non parlare delle terre cisgiordane sotto il controllo dell&#8217;esercito sionista e degli insediamenti, che Israele potrà ufficialmente annettere in cambio dell&#8217;accettazione della creazione del mini-Stato.</p>
  417.  
  418.  
  419.  
  420. <p>Se Washington riuscirà a imporre questo scenario, certamente ciò costituirà una (temporanea) frustrazione delle intenzioni dell&#8217;estrema destra sionista di realizzare la &#8220;Grande Israele&#8221; dal fiume al mare. Tuttavia, queste intenzioni erano in ogni caso fuori portata già prima che il &#8220;Diluvio di Al-Aqsa&#8221; fornisse all&#8217;esercito sionista l&#8217;opportunità di rioccupare la Striscia di Gaza e di intensificare le operazioni in Cisgiordania, parallelamente agli attacchi ai coloni. Resta il fatto che la migliore &#8220;soluzione&#8221; che potrebbe scaturire dall&#8217;attuale guerra genocida condotta dallo Stato sionista è peggiore di quella che esisteva prima di essa, e certamente peggiore di quella che appariva all&#8217;orizzonte dopo l&#8217;accordo di Oslo.</p>
  421.  
  422.  
  423.  
  424. <p>Il popolo palestinese dovrà tenersi la propria terra, rifiutare lo sfollamento &#8220;morbido&#8221; (gli incentivi all&#8217;emigrazione) dopo lo sfollamento forzato, e continuare la lotta con una strategia che gli permetta di far avanzare nuovamente la propria causa, dopo il grande declino che ha fatto seguito ai grandi progressi compiuti da questa causa all&#8217;apice della prima Intifada nel 1988, declino che ora ha raggiunto il suo punto più basso. La lotta palestinese deve mirare a dividere politicamente la società israeliana piuttosto che a unirla con atti indiscriminati, subordinando le necessarie forme di resistenza armata alle esigenze dell&#8217;azione politica e di massa, per tornare alle condizioni che seguirono l&#8217;invasione del Libano nel 1982 e la prima Intifada che ne seguì, quando iniziò a crescere tra gli ebrei israeliani una corrente, definita all&#8217;epoca &#8220;post-sionista&#8221;, che combinava il rifiuto dell&#8217;occupazione con il sostegno alla de-sionalizzazione dello Stato israeliano per trasformarlo in &#8220;uno Stato di tutti i suoi cittadini&#8221;.<br><br><strong><em>*Questo articolo, tradotto dall’autore (professore alla SOAS &#8211; Università di Londra) è stato originariamente pubblicato in arabo su Al-Quds al-Arabi, il 30 aprile 2024, e messo online sul suo blog su Mediapart.</em></strong></p>
  425.  
  426.  
  427.  
  428. <p></p>
  429. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/05/il-destino-della-palestina-alla-luce-dellattacco-a-gaza/">Il destino della Palestina alla luce dell&#8217;attacco a Gaza</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
  430. ]]></content:encoded>
  431. <post-id xmlns="com-wordpress:feed-additions:1">21765</post-id> </item>
  432. <item>
  433. <title>La deriva illiberale impressa all’Italia dal governo di estrema destra è già in corso</title>
  434. <link>https://mps-ti.ch/2024/05/la-deriva-illiberale-impressa-allitalia-dal-governo-di-estrema-destra-e-gia-in-corso/</link>
  435. <dc:creator><![CDATA[Segretariato MPS]]></dc:creator>
  436. <pubDate>Fri, 03 May 2024 06:25:06 +0000</pubDate>
  437. <category><![CDATA[Europa]]></category>
  438. <category><![CDATA[Internazionale]]></category>
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  440.  
  441. <description><![CDATA[<p>In Italia, già due anni fa, quando appariva sostanzialmente scontata la vittoria elettorale del partito di Giorgia Meloni e la sua conseguente conquista del governo, si è acceso sui media e nella sinistra liberal-democratica un dibattito sulla natura fascista o meno di quel partito e della sua leader. La crisi dell’antifascismo “retorico” L’allarme per la [&#8230;]</p>
  442. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/05/la-deriva-illiberale-impressa-allitalia-dal-governo-di-estrema-destra-e-gia-in-corso/">La deriva illiberale impressa all’Italia dal governo di estrema destra è già in corso</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
  443. ]]></description>
  444. <content:encoded><![CDATA[<span class="rt-reading-time" style="display: block;"><span class="rt-label rt-prefix">Tempo di lettura:</span> <span class="rt-time">14</span> <span class="rt-label rt-postfix">minuti</span></span>
  445. <p><em>In Italia, già due anni fa, quando appariva sostanzialmente scontata la vittoria elettorale del partito di Giorgia Meloni e la sua conseguente conquista del governo, si è acceso sui media e nella sinistra liberal-democratica un dibattito sulla natura fascista o meno di quel partito e della sua leader.</em><br><br><strong>La crisi dell’antifascismo “retorico”</strong></p>
  446.  
  447.  
  448.  
  449. <p>L’allarme per la “democrazia in pericolo” venne strumentalmente agitato in particolare dal Partito Democratico, allora diretto dall’ex democristiano di “sinistra” Enrico Letta. Ma quell’allarme venne clamorosamente ignorato dall’elettorato che disertò in maniera inedita le urne (si registrò uno storico 36% di astensionismo), punì quel partito assegnandogli il suo peggiore risultato elettorale (19%) e premiò Fratelli d’Italia con la sua “travolgente” crescita, dal 4% del 2018 al 26% (oggi nei sondaggi 28-29%), anche se in buona parte dovuto al “cannibalismo” nei confronti dei suoi alleati di centrodestra.<br>Evidentemente, l’impopolarità della politica tecnocratica del precedente governo guidato dal banchiere Mario Draghi aveva agito talmente in profondità da rendere grandissima parte dell’elettorato insensibile agli “allarmi antifascisti” che apparivano (ed erano) molto retorici. Ma aveva influito anche la pesante caduta della coscienza antifascista che aveva caratterizzato per decenni la politica italiana.<br>Le invocazioni all’antifascismo, gli appelli al rispetto della Costituzione, perlomeno dagli anni 80 in poi, si sono sempre più allontanati da ogni riferimento sociale e sono sempre più apparsi vuoti di senso. Le generazioni che avevano sperimentato i frutti politici e sociali del “patto antifascista” post bellico e delle grandi lotte sindacali e democratiche degli anni 60 e 70 si erano andate anagraficamente assottigliando. E la Costituzione del 1948, con il suo solenne impegno (articolo 3) a <em>“rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”</em>, messa a confronto con le conseguenze della politica neoliberale imperante dagli anni 90 in poi, appariva inesorabilmente scritta sulla sabbia.<br>E, sul piano culturale, non vanno neanche trascurate la sequela di atti volti a perseguire una irresponsabile e unilaterale “pacificazione” con la destra, la “storicizzazione” del fascismo come un fenomeno ormai definitivamente superato grazie alla “fine del comunismo” e delle “contrapposizioni frontali”, per arrivare a quel “paese normale” immaginato da Massimo D’Alema, allora principale leader degli epigoni del PCI.<br>Se oggi ci si duole fondatamente per la massiccia perdita dei valori dell’antifascismo non si possono trascurare tutti questi elementi.<br>Nel frattempo, Berlusconi, già nel 1994 aveva aggregato nella sua coalizione di destra il partito erede del fascismo, il Movimento Sociale Italiano (MSI) di Gianfranco Fini (che poi cambiò nome in Alleanza Nazionale), legittimandolo per la prima volta come forza di governo e archiviando definitivamente il mito togliattiano dell’arco costituzionale, cioè della legittimazione a governare limitata ai partiti “antifascisti”.<br><br><strong>Il governo della destra tra liberismo e sovranismo</strong><br><strong><br></strong>Dopo la vittoria elettorale del settembre 2022 e il suo ingresso a Palazzo Chigi (la sede del consiglio dei ministri), Giorgia Meloni, con grande parte della sua azione, si è attivata per accreditarsi nei confronti delle classi dominanti, adottando una politica economica in sostanziale continuità con quella del governo Draghi, pure se condita con un’efficace gestione demagogica di cui il suo predecessore era strutturalmente incapace.<br>Semmai, quella politica economica liberista il governo di destra l’ha ancor di più approfondita, ad esempio con l’abolizione del Reddito di cittadinanza, che ha colpito i settori poveri della popolazione, con un taglio delle tasse selettivo a favore di strati sociali largamente appartenenti alla base elettorale della destra, con una linea di condotta sempre più dura nei confronti dei migranti.<br>Così, con la sua sostanziale coerenza neoliberale in politica economica, Giorgia Meloni ha fugato i timori che ampi settori delle classi dominanti avevano riguardo un’ipotetica applicazione delle misure demagogiche agitate strumentalmente da Fratelli d’Italia quando era all’opposizione e durante la campagna elettorale.<br>Anche sul piano internazionale, Giorgia Meloni ha rapidamente messo a tacere tutti quegli esponenti della destra affascinati dal modello putiniano (compresi Berlusconi e Salvini) e ha adottato un’intransigente politica atlantista sia riguardo al conflitto in Ucraina, sia, più recentemente, sulla rappresaglia israeliana su Gaza, dimostrandosi “impeccabilmente” europea e atlantica, in totale continuità con Draghi e con gli altri precedenti governi.<br>E nell’Unione Europea ha operato con discreto successo per avvalorare la propria figura come leader continentale pragmatica, pur senza accantonare del tutto la sua originale linea “sovranista”. Sul piano della politica economica ha attivamente collaborato alla stesura del “nuovo patto di stabilità”, aderendo al compromesso raggiunto in sede di Consiglio europeo (anche se poi gli eurodeputati di Fratelli d’Italia non lo hanno approvato all’europarlamento di Bruxelles). <br>D’altra parte il governo italiano, con il suo ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, ha, dal suo punto di vista, felicemente ricontrattato l’uso dei cospicui fondi assegnati all’Italia nel quadro del <em>Next Generation EU </em>(oltre 200 miliardi di euro tra finanziamenti e prestiti). E, per ciò che riguarda la “transizione climatica”, il governo italiano, intrinsecamente negazionista rispetto alle urgenze ambientali, ha trovato facile modo per allinearsi ai compromessi al ribasso sostenuti dagli altri maggiori partner della UE e dalla stessa presidente Von Der Leyen, anche grazie alla pressione esercitata dal movimento degli agricoltori dei mesi scorsi.<br>Quanto all’immigrazione, Giorgia Meloni ha aderito al nuovo “patto europeo sulla migrazione e sull’asilo” che, in buona sostanza, raccoglie l’indurimento voluto dalla totalità dei paesi membri, pur non risolvendo la complessa questione delle responsabilità dei paesi di primo ingresso e della ripartizione degli arrivi.<br>Non dobbiamo trascurare che rispetto a gran parte di queste politiche, formalmente denunciate come reazionarie dal Partito Democratico, tutti sanno che quest’ultimo, se fosse stato ancora al governo, le avrebbe tranquillamente condivise, come ha sempre e totalmente condiviso tutte le scelte neoliberali degli ultimi decenni.<br>Dunque, anche per l’élite dominante della UE, Giorgia Meloni e il suo esecutivo non rappresentano più quel pericolo per l’unità europea che nei primi tempi si era temuto. I maggiorenti dell’Unione hanno imparato a distinguere la retorica dalla realtà. Giorgia Meloni, che si è presentata alle elezioni con un programma di “difesa degli interessi nazionali”, ha ormai definitivamente capito (se mai avesse avuto qualche dubbio) che gli “interessi italiani” (cioè quelli delle classi dominanti del paese) coincidono con la capacità dell’Italia di far parte del <em>“mainstream”</em> europeo e con la perpetuazione del “vincolo atlantico” che ha presieduto la politica nazionale fin dal Dopoguerra. <br>A questo proposito, occorre anche sottolineare però come tutte queste scelte, che – lo ripetiamo – sono in grandissima continuità sostanziale con le politiche di Draghi e dei suoi predecessori, sono state efficacemente esibite all’opinione pubblica come faticosi frutti dell’iniziativa combattiva della premier italiana, che avrebbe rotto con le politiche <em>“imbelli e rinunciatarie”</em> dei governi precedenti, genericamente e strumentalmente definiti <em>“di sinistra”</em>.<br><br><strong>Le “relazioni pericolose” di Giorgia</strong></p>
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  452.  
  453. <p>Per riassumere, Giorgia Meloni, ha accantonato le critiche all’Unione europea per quel che quest’ultima fa, pur mantenendo una critica per quel che la UE sarebbe, cioè un colosso “tecnocratico e burocratico” che ostacola il progetto di una mitica “Europa delle Nazioni”, cioè un progetto mitologico che, perlomeno in questa campagna elettorale continentale, è utile per mantenere un’immagine “sovranista” idonea ad rassicurare parte della sua base e per contenere la “concorrenza a destra” di Matteo Salvini e della sua Lega.&nbsp;<br>La Lega, dal canto suo, pur registrando il dissenso di una parte del partito, ha scelto di presentare nelle liste europee il generale Roberto Vannacci, divenuto sinistramente noto in questi ultimi mesi per le ripetute dichiarazioni misogine, razziste, omofobiche e esplicitamente nostalgiche del fascismo.<br>Ma la contraddittoria posizione di Fratelli d’Italia sull’Unione europea serve paradossalmente anche per obbligare l’opposizione ad affannarsi e a smentirsi nel criticare compromessi per nulla diversi da quelli che avrebbe verosimilmente accettato se fosse stata al potere.<br>Naturalmente, le contraddizioni per Giorgia Meloni non sono superate: ha stretto con successo un rapporto personale con vari leader europei e occidentali (da Von Der Leyen a Joe Biden), ma mantiene stretti rapporti con l’ungherese Victor Orban (che ha annunciato l’adesione dei suoi europarlamentari al gruppo ECR di cui FdI fa parte) e con Donald Trump (come ogni anno una delegazione del partito di Giorgia Meloni ha partecipato poco più di un mese fa a Washington a fianco di Trump, di Milei e di tanti altri ultrareazionari alla&nbsp;<em>CPAC-Conservative Political Action Conference</em>, il raduno delle destre internazionali organizzato dai repubblicani americani).&nbsp;<br>E, anche al di là di Orban e di Trump (che comunque tra 8 mesi potrebbe prendere il posto di Biden) e della “concorrenza” di Salvini, c’è anche la crescita del partito di Marine Le Pen, che potrebbe trasformarsi tra tre anni esatti, alle presidenziali francesi del 2027, in una ancor più ingombrante e potenzialmente esplosiva contraddizione per la politica meloniana zigzagante tra “realismo” e retorica sovranista.<br><br><strong>Le norme stringenti del nuovo patto UE</strong></p>
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  456.  
  457. <p>E non si tratta solo di relazioni “pericolose” e contraddittorie. Il “realismo europeista” di Giorgia Meloni sarà presto messo alla prova dalle norme stringenti del nuovo patto di stabilità.<br>Come già ricordato, il parlamento europeo, mettendo fine alla “tregua pandemica”, ha recentemente approvato le nuove regole di bilancio per i paesi membri, sulla base di quanto pattuito alla fine dello scorso anno tra i ministri economici dei vari governi nazionali. Dei parlamentari italiani (salvo pochissime eccezioni), trasversalmente a tutti i gruppi politici, nessuno ha votato a favore, nemmeno quelli rappresentanti delle forze di destra che con il ministro Giorgetti avevano contribuito a stilarlo. I gruppi italiani dell’europarlamento si sono compattamente astenuti, tranne i 5 stelle che hanno votato contro.<br>E’ evidente la finalità elettorale di questa scelta trasversale di “dissociazione”: tenersi le mani libere per poter fare “nuove” promesse di spesa pubblica e poter dire in campagna elettorale che dei futuri pesanti tagli di bilancio imposti dalle nuove regole è responsabile l’Europa “dei burocrati”.<br>Sì, perché dopo le elezioni di giugno il governo sarà chiamato ad affrontare una “quadratura del cerchio”: come riuscire a mettere insieme altri demagogici tagli alle tasse (soprattutto per i settori sociali elettoralmente utili per la destra) e la drastica riduzione di un deficit di bilancio che ha raggiunto il 7,4% del PIL, distante 92 miliardi di euro da quel 3% che il patto impone di raggiungere entro non più di 4 anni? Soprattutto tenendo conto degli interessi che annualmente il paese deve pagare sul mastodontico debito pubblico (2.800 miliardi, pari al 140% del PIL, distante oltre 1.500 miliardi da quel 60% del PIL previsto dal patto). In tali condizioni, anche se si riuscisse a portare in zona positiva il saldo primario del bilancio del paese (cosa che non accade da prima dello scoppio della pandemia), il peso degli interessi sul debito riporterebbe inesorabilmente i conti in rosso.<br>Naturalmente queste drammatiche cifre, Giorgia Meloni non si stanca di ripeterlo, non sono il frutto solo della politica del suo governo, sono la conseguenza di politiche pluridecennali. Ma la soluzione del rebus ora è diventata cosa di sua competenza. Per il momento, nella prospettiva della prova elettorale, il governo ha scelto di non scoprire le carte su quelle che potranno essere le sue intenzioni, presentando irritualmente un “documento di economia e finanza” (DEF) fatto solo di dati tendenziali, peraltro edulcorati, senza nessuna ipotesi di soluzione.<br>Dunque, il governo Meloni (sia tagliando le spese, sia aumentando le entrate, sia stimolando la crescita del PIL) dovrà trovare almeno tra i 15 e i 18 miliardi all’anno per avvicinarsi agli obiettivi del patto, ben sapendo che il mantenimento del taglio dei contributi fiscali adottato nell’autunno scorso per dare un minimo di respiro alle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e la necessità di affrontare lo stato disastroso della sanità pubblica richiederebbero, già solo questi, un forte incremento di spesa.<br>Il rischio di una riproposizione di uno scenario già conosciuto nel 2011, quando l’Unione europea sostanzialmente impose all’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano le dimissioni del governo Berlusconi e l’insediamento del governo “tecnico” di Mario Monti, è del tutto possibile.<br>Dunque, sul piano delle politiche economiche e sociali, alcuni nodi potrebbero venire presto al pettine, spingendo la premier a dover affrontare le contraddizioni della sua politica che fino ad ora ha navigato tra il realismo opportunista e la retorica della demagogia.<br><br><strong>La necessità di gestire una possibile caduta del consenso</strong></p>
  458.  
  459.  
  460.  
  461. <p>E’ proprio il rischio della necessità di un’esplicita scelta verso una “austerità” sociale e economica dichiarata, con le sue possibili conseguenze nella perdita di consenso, che spinge il governo Meloni ad accelerare la sua deriva autoritaria per mantenere e possibilmente consolidare il suo controllo sul paese.<br>Sono tanti i terreni sui quali Fratelli d’Italia sta agendo.<br>Con una legge approvata definitivamente qualche giorno fa, nei consultori, cioè nelle istituzioni incaricate di assistere le donne incinte anche nel caso in cui decidano di non proseguire la propria gravidanza, verranno introdotte anche le associazioni antiabortiste, cioè organizzazioni che operano per fare pressione morale e psicologica sulle donne affinché non abortiscano, organizzazioni che sono note per i loro materiali finalizzati a colpevolizzare severamente le donne che intendono ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza.<br>Questa nuova disposizione, assieme alla schiacciante percentuale di medici e di operatori sanitari che si avvalgono della “obiezione di coscienza” (che in alcune regioni supera l’80%) e all’impossibilità di accedere all’aborto farmacologico (attraverso la compressa RU486) se non in tre regioni su venti, costituisce, secondo tutti i gruppi femministi, un ulteriore pesante attacco ad un diritto riconosciuto con la legge 194 fin dal 1978, attacco che smentisce l’impegno di non cambiare quella legge che Giorgia Meloni aveva esplicitamente assunto nell’ottobre 2022 al momento del suo insediamento al governo.<br>Ma la nuova misura antiabortista ha anche un altro scopo e non a caso è stata adottata nell’ambito di una legge finalizzata alla gestione dei fondi europei. Essa infatti mira anche a finanziare quelle associazioni&nbsp;<em>“pro-life”</em>&nbsp;che da sempre ruotano nell’orbita dell’estrema destra, consolidando così un’importante clientela politica ed elettorale.<br>C’è poi tutta la politica dell’informazione e dei media, particolamente importante se si vuole controllare un’opinione pubblica molto disorientata e disillusa, che, anche con i dati delle ultime elezioni regionali (partecipazione mai superiore al 60%), conferma la sua propensione astensionistica ma di cui, proprio per questo, occorre assicurarsi il controllo mediatico.<br>La situazione dei media, in Italia, è al centro dello scontro politico da decenni, fin da quando il primo governo Berlusconi aveva mostrato gli effetti del suo monopolio delle TV private unito al controllo sulla TV di stato. Dunque Giorgia Meloni, in questi suoi 18 mesi di governo, ha operato per occupare il massimo di posti di potere nella RAI, cioè nella radiotelevisione pubblica, che peraltro è la più grande industria culturale del paese.<br>Per far questo, non ha dovuto adottare nuove leggi, perché sta utilizzando a piene mani le norme introdotte circa 8 anni fa dal “centrosinistra” di Matteo Renzi, che hanno totalmente subordinato la RAI al governo. La politica della destra ha spinto numerosi noti personaggi mediatici ad abbandonare l’azienda pubblica, trasmigrando ad altre emittenti, in particolare a “la 7” e alla statunitense “Discovery”.<br>Il desiderio di dominio sulla televisione pubblica ha anche prodotto negli scorsi giorni, alla vigilia della celebrazione dell’anniversario del 25 aprile, data della caduta del fascismo nel 1945, veri e propri atti di censura, come la cancellazione dalla programmazione di un monologo su quel regime a cura di Antonio Scurati, pluripremiato scrittore, autore di una dettagliata e documentata trilogia su Mussolini. Parallelamente il parlamento ha modificato le norme sulle campagne elettorali, raddoppiando il tempo di emissione a disposizione della maggioranza di governo.<br>La motivazione che la destra adduce per giustificare questi comportamenti è la&nbsp;<em>“necessità di rompere il monopolio della sinistra”</em>&nbsp;sulla cultura, ridare voce a&nbsp;<em>“coloro che sono sempre stati ostracizzati e censurati dal servizio pubblico”</em>.<br>Il sindacato dei giornalisti della radiotelevisione pubblica ha duramente criticato le interferenze, accusando la dirigenza dell’azienda di averla trasformata in un&nbsp;<em>“sistema di controllo soffocante che sta danneggiando la RAI, i suoi lavoratori e tutti i cittadini”</em>. Questi avvenimenti hanno ovviamente rinfocolato il dibattito sulla natura politica del partito di Fratelli d’Italia, ma, almeno stando ai sondaggi di opinione, sembrano non influire sull’orientamento dell’elettorato.<br><br><strong>La premier e l’antifascismo</strong></p>
  462.  
  463.  
  464.  
  465. <p>Né sembra avere effetto significativo la continua interrogazione a Giorgia Meloni sul suo rapporto con il fascismo e con l’antifascismo. E’ una domanda evidentemente retorica, visto che per dirsi antifascisti occorre esserlo. Giorgia Meloni il più delle volte elude la domanda, perché sa di dover politicamente ed elettoralmente contare su di una non trascurabile fetta di elettorato nostalgico di Mussolini e del suo regime. Ma la sua tesi è più insidiosa e l’ha illustrata più volte, da ultimo in un messaggio proprio del 25 aprile. Lei dichiara la propria&nbsp;<em>“avversione a tutti i regimi totalitari e autoritari, quelli di ieri e quelli di oggi”</em>&nbsp;e il proprio impegno&nbsp;<em>“per difendere la democrazia e per un’Italia finalmente capace di unirsi sul valore della libertà”</em>. Sostiene che l’antifascismo è stata una&nbsp;<em>“arma di esclusione”</em>: oggi antifascismo e fascismo sarebbero solo retaggi del passato.&nbsp;</p>
  466.  
  467.  
  468.  
  469. <p>Così, il falso sillogismo secondo cui&nbsp;<em>“essere democratici”</em>&nbsp;esenterebbe dal dirsi&nbsp;<em>“antifascisti”</em>&nbsp;illustra bene il substrato ideologico del partito di Giorgia Meloni, basato su di una presunta “democrazia afascista”, che colloca Fratelli d’Italia in una sorta di neutralità, che pretenderebbe di elidere gli opposti ma che vuole nascondere ciò che ne ispira l’azione, la conquista del potere, con una forma di assolutismo e una vocazione autoritaria e autocratica in nome della “governabilità”.</p>
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  471.  
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  473. <p>Giorgia Meloni è ben consapevole di poter così fare breccia in un’opinione pubblica che trae un pessimo bilancio della retorica antifascista che ha ammantato le politiche antisociali degli ultimi decenni.<br>E’ sulla base di questa strumentale teoria, che la destra sostiene la necessità formale e sostanziale di liberare la democrazia attuale dai compromessi e dai retaggi del passato riformando la Costituzione del 1948, riforma che punta a smontare gli equilibri istituzionali scelti quasi 80 anni fa proprio per impedire il ripetersi di tragiche avventure come quella fascista e ad affidare il 100% del potere al (o alla) premier, svuotando di funzioni sia il presidente della Repubblica sia il parlamento e mettendo, con una legge elettorale costituzionale ipermaggioritaria, completamente fuori gioco qualsiasi opposizione. E soprattutto trasformando l’estrema destra, evidentemente esclusa dal patto del 1948, nella nuova “forza costituente” dell’Italia del XXI secolo.<br>La riforma del “premierato forte”, intervenendo sulla Costituzione, richiederà un lungo e complesso iter di approvazione e molto probabilmente un referendum popolare confermativo, ma il rischio di trasformazione strutturale del paese in una “democrazia illiberale” è tutt’altro che lontano.<br>Peraltro la destra sfrutta abilmente l’oscuramento che per decenni la “sinistra istituzionale” ha messo su temi come l’egualitarismo o l’esistenza delle classi sociali, mettendo colpevolmente al centro delle sue politiche la “stabilità”, la cosiddetta “governabilità”.<br>E la politica del governo non si ferma qui. C’è in dirittura di arrivo la riforma della cosiddetta “autonomia differenziata”, voluta dalla Lega per consolidare la sua presa elettorale al Nord, autonomia che premia le regioni economicamente forti e penalizza drammaticamente quelle del Sud. Questa riforma, che salvo imprevisti, sarà definitivamente approvata la prossima settimana, tra l’altro disgrega il valore nazionale dei contratti di lavoro, tornando a prima del 1969. C’è poi il piano per deportare i migranti in Albania, copiato da quello britannico del Ruanda e basato sulla complicità del “socialista” albanese Edi Rama; ci sono le norme di riforma della giustizia con il disegno di subordinare i pubblici ministeri al governo e con la proibizione per i giornalisti di pubblicare la trascrizione di intercettazioni telefoniche scomode per politici corrotti, ecc.<br><br><strong>La borghesia italiana e europea di fronte alla destra</strong></p>
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  476.  
  477. <p>Naturalmente, a facilitare il compito del governo Meloni c’è l’esperienza negativa delle politiche neoliberali perseguite da tutti i governi degli ultimi anni, sempre con il sostegno del centrosinistra e in particolare del PD, una politica che ha distrutto ogni residuo legame tra quel partito e le classi popolari che, nella loro grande maggioranza, oggi votano a destra o si astengono e solo in parte, in particolare al Sud, sostengono il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte.<br>Ma soprattutto c’è un atteggiamento sempre più benevolo delle classi dominanti verso l’estrema destra. Un’estrema destra che ora sembra loro tornare utile perché, dopo aver distrutto con le politiche neoliberali dei governi di centrodestra e di centrosinistra gran parte del&nbsp;<em>Welfare state</em>, dopo aver privatizzato quasi tutto e dato ampio spazio alla speculazione finanziaria, oggi si pongono un altro obiettivo, quello indicato fin dal maggio 2013 da&nbsp;<em>JP Morgan</em>&nbsp;con il suo noto documento&nbsp;<a href="https://culturaliberta.wordpress.com/wp-content/uploads/2013/06/jpm-the-euro-area-adjustment-about-halfway-there.pdf"><em>“L’aggiustamento dell’Europa a metà strada”</em></a>, che affermava spudoratamente: <em>“All’inizio della crisi si pensò che i problemi preesistenti [dei paesi della UE] fossero soprattutto di natura economica: debito pubblico troppo alto, problemi legati ai mutui e alle banche, tassi di cambio reali non convergenti, rigidità strutturali. Ma col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei paesi del sud e le loro costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire un’ulteriore integrazione dell’area europea… Le costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo: … esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; … tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se vengono proposte sgradite modifiche dello status quo…”</em>.<br>Sbarazzarsi dunque delle “costituzioni antifasciste”, segnate appunto da valori, obiettivi sociali e spazi democratici ritenuti oramai largamente anacronistici e comunque inadeguati, è un compito che le classi dominanti non possono assegnare a partiti che in maniera più o meno lineare sono ancora legati a quei valori. C’è dunque una ragione di fondo per la quale l’ascesa delle forze politiche dell’estrema destra postfascista o neofascista, pur con le sue contraddizioni, sembra oggi tornare utile alle classi dominanti.<br><br><strong>“Vota Giorgia”, il plebiscito che la premier sogna</strong></p>
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  479.  
  480.  
  481. <p>E’ in questa situazione complessa ma inquietante che il paese si avvia verso la prova del voto europeo. Giorgia Meloni ha definitivamente dichiarato di voler capeggiare le liste del “suo” partito in tutte le cinque circoscrizioni elettorali interregionali, scegliendo anche di presentarsi con il suo semplice nome di battesimo, “Giorgia”, tralasciando il cognome, per sottolineare la sua popolarità personale. Vuole che il voto sia una sorta di plebiscito sul suo nome e sul bilancio del suo governo. Anche la leader del PD, Elly Schlein, sarà capolista, ma solo in due circoscrizioni. La Schlein ha in queste ultime settimane di nuovo registrato i malumori di buona parte del “suo” partito che le resta sostanzialmente ostile, perché non ne condivide la linea politica “troppo spostata a sinistra” e più disponibile all’alleanza con il Movimento 5 Stelle. Quest’ultimo spera di utilizzare le debolezze della leadership di Schlein per tentare di contendere al PD l’egemonia dell’opposizione.<br>Meglio non sta la sinistra alla sinistra del PD. L’Alleanza tra i Verdi e l’organizzazione di Sinistra Italiana (AVS) resta ancorata ad una politica di collaborazione e di alleanza con il PD, anche se è riuscita a presentare nelle sue liste una candidatura al centro dell’attenzione, quella di Ilaria Salis, la militante antifascista italiana detenuta da 14 mesi nelle carceri ungheresi per aver manifestato a Budapest contro il corteo neonazista del “Giorno dell’onore” che ogni anno viene organizzato per ricordare le vittime ungheresi e tedesche dell’avanzata dell’Armata rossa sovietica nel 1944-45.&nbsp;<br>Quanto al Partito della Rifondazione comunista (PRC), dopo un acceso dibattito interno, ha scelto di partecipare ad una lista promossa dal giornalista Michele Santoro, che ha assunto il nome di&nbsp;<em>“Pace terra dignità”</em>, una lista che si presenta come&nbsp;<em>“pacifista”</em>,&nbsp;<em>“né di destra né di sinistra”</em>, ma soprattutto che propone tra i suoi candidati figure impresentabili esplicitamente filoputiniane, come in particolare lo scrittore Nicolai Lilin, noto per le sue frequentazioni di iniziative neofasciste e per aver sostenuto in uno dei suoi libri che:&nbsp;<em>“la nascita dell’Ucraina come entità geopolitica fu il frutto della sciagurata scelta di Lenin… totalmente attribuibile ai bolscevichi ebrei… per i loro interessi e per la loro visione anti-imperiale russa”</em>.<br>Dunque, mentre la politica dell’estrema destra italiana, pur con le sue contraddizioni, procede per la sua strada, non altrettanto può dirsi per quella della sinistra, nelle sue varie versioni.</p>
  482.  
  483.  
  484.  
  485. <p><strong><em>*articolo apparso su sito Refrattario e controcorrente (<a href="https://andream94.wordpress.com/">https://andream94.wordpress.com/</a>). È stato pubblicato anche in francese su <a href="https://alencontre.org/europe/italie/italie-la-derive-illiberale-imposee-par-le-gouvernement-dextreme-droite-meloni-est-deja-en-marche.html" target="_blank" rel="noreferrer noopener">A l’encontre</a>.</em></strong></p>
  486.  
  487.  
  488.  
  489. <p></p>
  490. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/05/la-deriva-illiberale-impressa-allitalia-dal-governo-di-estrema-destra-e-gia-in-corso/">La deriva illiberale impressa all’Italia dal governo di estrema destra è già in corso</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
  491. ]]></content:encoded>
  492. <post-id xmlns="com-wordpress:feed-additions:1">21762</post-id> </item>
  493. <item>
  494. <title>MPS sulle votazioni del prossimo 9 giugno</title>
  495. <link>https://mps-ti.ch/2024/05/mps-sulle-votazioni-del-prossimo-9-giugno/</link>
  496. <dc:creator><![CDATA[Segretariato MPS]]></dc:creator>
  497. <pubDate>Thu, 02 May 2024 10:39:34 +0000</pubDate>
  498. <category><![CDATA[Politica]]></category>
  499. <category><![CDATA[Svizzera]]></category>
  500. <category><![CDATA[Ticino]]></category>
  501. <guid isPermaLink="false">https://mps-ti.ch/?p=21753</guid>
  502.  
  503. <description><![CDATA[<p>Il coordinamento dell’MPS ha preso posizione su alcune delle votazioni cantonali e nazionali in programma il 9 giugno, in particolare quelle nelle quali i suoi militanti sono attivamente impegnati. SÌ alle misure di compensazione per l’IPCT MPS invita a votare “SÌ” alle misure di compensazione approvate dal Gran Consiglio nell’ottobre scorso, contrastando così il referendum [&#8230;]</p>
  504. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/05/mps-sulle-votazioni-del-prossimo-9-giugno/">MPS sulle votazioni del prossimo 9 giugno</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
  505. ]]></description>
  506. <content:encoded><![CDATA[<span class="rt-reading-time" style="display: block;"><span class="rt-label rt-prefix">Tempo di lettura:</span> <span class="rt-time">4</span> <span class="rt-label rt-postfix">minuti</span></span>
  507. <p><strong><em>Il coordinamento dell’MPS ha preso posizione su alcune delle votazioni cantonali e nazionali in programma il 9 giugno, in particolare quelle nelle quali i suoi militanti sono attivamente impegnati.</em></strong></p>
  508.  
  509.  
  510.  
  511. <p><strong><mark style="background-color:rgba(0, 0, 0, 0)" class="has-inline-color has-vivid-red-color">SÌ alle misure di compensazione per l’IPCT</mark></strong></p>
  512.  
  513.  
  514.  
  515. <p>MPS invita a votare “SÌ” alle misure di compensazione approvate dal Gran Consiglio nell’ottobre scorso, contrastando così il referendum obbligatorio votato dai parlamentari dell’ estrema destra (Lega e UDC) con il supporto decisivo di una parte della destra (Il Centro).<br>Queste misure (16 milioni) contribuiranno ad evitare una nuova diminuzione delle future rendite pensionistiche del 15-20% (dopo che già nel 2012 gli affiliati alla cassa – IPCT &#8211; hanno subito una diminuzione delle rendite future mediamente del 20%) a seguito della decisione del consiglio di amministrazione di IPCT di ridurre il tasso di conversione dal 6,17% al 5%.<br>La questione del risanamento della Cassa resta aperta, come sottolineato dal consigliere di Stato Vitta in un’intervista recente.</p>
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  518.  
  519. <figure class="wp-block-image size-large"><img decoding="async" width="768" height="1024" src="https://mps-ti.ch/wp-content/uploads/2024/05/Immagine-WhatsApp-2024-03-01-ore-08.01.59_b97196f1-768x1024.jpg" alt="" class="wp-image-21757"/></figure>
  520.  
  521.  
  522.  
  523. <p><br>L’accordo permetterà sicuramente di evitare un’ulteriore diminuzione delle rendite (15-20%), soprattutto per  gli assicurati dai 50-55 anni in su. Per i più giovani la questione rimane incerta e saranno necessari altri interventi per affrontare le ulteriori diminuzioni, ormai pianificate, del tasso di conversione. La questione del cosiddetto risanamento della Cassa rimane aperta, come ha ricordato il consigliere di Stato Vitta nell’intervista rilasciata pochi giorni fa al quotidiano La Regione. Infatti è evidente che lo sforzo della cassa per rispondere ai suoi compiti – compreso quello di garantire il calendario di recupero del tasso di copertura – potrebbe comportare una mancanza di mezzi sufficienti per permettere a medio termine la compensazione della diminuzione del tasso di conversione.<br>È importante notare che il voto del 9 giugno riguarda solo una parte delle misure di compensazione necessarie ad evitare una diminuzione delle future rendite. La maggior parte delle misure di compensazione verrà infatti dalla Cassa stessa, cioè dagli assicurati, costituendo una sorta di autocompensazione.<br>Nei fatti i contributi forniti da IPCT derivano principalmente da una riduzione delle prestazioni (179 milioni a seguito del taglio del 10% delle pensioni vedovili future e del 25% per quelle esistenti, deciso nel 2020). A questi si aggiungono circa 300 milioni risparmiati grazie a una remunerazione degli averi di vecchiaia negli ultimi dieci anni molto inferiore al rendimento complessivo della Cassa (rendimento annuo dell’1% contro il 3%). Inoltre, solo una parte dei contributi ordinari annuali degli assicurati (19,9%) viene versata nei conti individuali.<br>Questi cospicui contributi a carico degli assicurati e delle assicurate ci hanno indotto ad analizzare criticamente le misure di compensazione varate dal Gran Consiglio; pur non essendo contrari alle stesse, ne abbiamo messo in luce (così come hanno fatto altri) l’insufficienza a medio e lungo termine, un aspetto decisivo in materia di cassa pensione.<br>Abbiamo espresso queste riserve astenendoci dal voto in Gran Consiglio.</p>
  524.  
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  526.  
  527. <p><strong><mark style="background-color:rgba(0, 0, 0, 0)" class="has-inline-color has-vivid-red-color">NO alla riforma fiscale</mark></strong><br><strong><mark style="background-color:rgba(0, 0, 0, 0)" class="has-inline-color has-vivid-red-color"><br></mark></strong>Uno dei problemi principali  del nostro Cantone non è certo l’eccessivo onere dell’imposta sul reddito, ma il reddito dei cittadini e delle cittadine sempre più basso, a cominciare da coloro che vivono potendo contare solo sul loro salario come fonte di reddito fondamentale, cioè la stragrande maggioranza della popolazione.<br>Tutto questo è causato non solo dai bassi salari e redditi, ma da politiche che deprimo il potere d’acquisto delle famiglie: basti qui pensare al costante aumento dei premi di cassa malati o all’aumento delle tariffe elettriche. Protagonisti di queste politiche sono le stesse forze politiche che sostengono misure (cfr Preventivo 2024) che contribuiscono a diminuire ulteriormente il potere d’acquisto attraverso la mancata compensazione del rincaro. Potere d’acquisto che ha accumulato ormai un ritardo, in questi ultimi anni, che oscilla tra il 7 e l’8%, l’equivalente di un salario mensile. Gli sgravi fiscali per i ricchi sono un intervento ulteriore, unitamente agli interventi sui salari, a difesa della redditività del capitale: quello che non va alla fiscalità, va, evidentemente, al profitto, sotto qualsiasi forma esso si manifesti (dividendi, corsi azionari, etc.).<br>La fiscalità è un terreno sul quale il padronato e i suoi partiti conducono una lotta di classe senza quartiere. Votare NO il prossimo 9 giugno, riuscire a sconfiggere questa riforma fiscale, potrebbe essere un primo punto di partenza per invertire la rotta.</p>
  528.  
  529.  
  530.  
  531. <p><strong><mark style="background-color:rgba(0, 0, 0, 0)" class="has-inline-color has-vivid-red-color">SÌ all’iniziativa per limitare al 10% del reddito i premi di cassa malati<a><br></a></mark></strong><br>Oggi abbiamo più che mai un urgente bisogno di rilanciare il dibattito e la mobilitazione politica per un’alternativa globale e radicale all&#8217;attuale sistema di assicurazione malattia.<br>L’MPS sostiene l’idea di un sistema di assicurazione malattia simile a quella di un’assicurazione sociale (AVS ad esempio) con contributi percentuali sui salari da dividere tra datori di lavoro e lavoratori. Una soluzione di questo tipo permetterebbe di migliorare le prestazioni con premi di gran lunga inferiori a quelli pagati oggi.<br>In attesa che questa alternativa possa seriamente essere studiata e introdotta, è importante sostenere tutte quelle che possono alleggerire il carico finanziario delle famiglie.  . Pensiamo, ad esempio, all’integrazione dei premi di cassa malati nell’indice nazionale dei prezzi al consumo, al miglioramento dei sussidi, o allesenzione del pagamento dei premi per i figli minorenni. Tutte proposte avanzate,  a volte tramite iniziative cantonali sottoposte al nostro Gran Consiglio, dall’MPS.<br>Per questa ragione sosteniamo ed invitiamo a votare SÌ all’iniziativa popolare federale che vuole limitare al 10% del reddito i premi di cassa malati. L’approvazione  di questa proposta, rappresenterebbe comunque un passo avanti, utile ad incoraggiare la costruzione di una resistenza sociale più ampia.<br><br><strong><mark style="background-color:rgba(0, 0, 0, 0)" class="has-inline-color has-vivid-red-color">No all’iniziativa sul freno ai costi nel settore sanitario<br></mark></strong><br>L’iniziativa lanciata dal Centro è costruita sull’idea che i costi sanitari in Svizzera siano eccessivi e quindi devono essere frenati, se non diminuiti. In realtà la spesa sanitaria complessiva nel nostro paese non è né esplosa, né tantomeno fuori controllo. Basterà qui ricordare che nel 2004, cioè circa vent’anni fa, la spesa sanitaria corrispondeva al 10,1% del PIL e nel 2022 essa è stata dell’11,7%,. Un’incidenza paragonabile a quella di altri paesi a noi vicini (Germania 12,7% e Francia 12,1%) e inferiore a quella di altri paesi come gli USA (16,6%).<br>Il problema di fondo non è quindi quello di diminuire i “costi” del sistema sanitario, ma di impedire che tali costi gravino principalmente sulle famiglie che, non dimentichiamolo, pagano tra premi e partecipazioni varie (franchigie, partecipazioni, etc.) i due terzi del conto sanitario globale, oltre a dare il proprio contributo fiscale al finanziamento del restante terzo che avviene attraverso il finanziamento pubblico. In questa prospettiva diventa centrale il cambiamento del sistema di finanziamento dell’assicurazione malattia.<br>Per queste ragioni invitiamo a votare NO all’iniziativa popolare del Centro sul freno ai costi del settore sanitario.</p>
  532.  
  533.  
  534.  
  535. <p></p>
  536. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/05/mps-sulle-votazioni-del-prossimo-9-giugno/">MPS sulle votazioni del prossimo 9 giugno</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
  537. ]]></content:encoded>
  538. <post-id xmlns="com-wordpress:feed-additions:1">21753</post-id> </item>
  539. <item>
  540. <title>L&#8217;estrattivismo nell&#8217;Antropocene</title>
  541. <link>https://mps-ti.ch/2024/05/lestrattivismo-nellantropocene/</link>
  542. <dc:creator><![CDATA[di John Bellamy Foster* ]]></dc:creator>
  543. <pubDate>Thu, 02 May 2024 07:50:22 +0000</pubDate>
  544. <category><![CDATA[Politica]]></category>
  545. <category><![CDATA[Ambiente]]></category>
  546. <category><![CDATA[Società]]></category>
  547. <category><![CDATA[Storia e cultura]]></category>
  548. <guid isPermaLink="false">https://mps-ti.ch/?p=21749</guid>
  549.  
  550. <description><![CDATA[<p>Negli ultimi quindici anni, il concetto di estrattivismo è diventato un elemento determinante per la comprensione della crisi ecologica planetaria. Sebbene lo sviluppo di industrie estrattive su scala globale sia stato parte integrante del modo di produzione capitalistico fin dal suo inizio, a cominciare dall&#8217;espansione coloniale del lungo XVI secolo, tale sviluppo ha assunto un [&#8230;]</p>
  551. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/05/lestrattivismo-nellantropocene/">L&#8217;estrattivismo nell&#8217;Antropocene</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
  552. ]]></description>
  553. <content:encoded><![CDATA[<span class="rt-reading-time" style="display: block;"><span class="rt-label rt-prefix">Tempo di lettura:</span> <span class="rt-time">20</span> <span class="rt-label rt-postfix">minuti</span></span>
  554. <p>Negli ultimi quindici anni, il concetto di estrattivismo è diventato un elemento determinante per la comprensione della crisi ecologica planetaria. Sebbene lo sviluppo di industrie estrattive su scala globale sia stato parte integrante del modo di produzione capitalistico fin dal suo inizio, a cominciare dall&#8217;espansione coloniale del lungo XVI secolo, tale sviluppo ha assunto un significato mondiale molto più ampio con l&#8217;avvento della Rivoluzione Industriale della fine del XVIII e del XIX secolo, segnando l&#8217;inizio dell&#8217;era del capitale fossile. Tuttavia, è solo con la Grande Accelerazione, iniziata a metà del XX secolo e protrattasi fino a oggi, che l&#8217;espansione&nbsp;<em>quantitativa</em>&nbsp;della produzione globale e, in particolare, dell&#8217;estrazione di risorse, ha condotto a una trasformazione&nbsp;<em>qualitativa</em>&nbsp;del rapporto umano con il Sistema Terra nel suo complesso. Ciò ha dato origine, nella storia geologica, all&#8217;Epoca dell&#8217;Antropocene, in cui i fattori antropogenici (rispetto a quelli non antropogenici) costituiscono per la prima volta nella storia della Terra le determinanti principali del cambiamento del Sistema Terra.<strong>[1]</strong>&nbsp;Nell&#8217;Antropocene, l&#8217;estrattivismo è diventato un sintomo centrale della malattia planetaria del tardo capitalismo/imperialismo, che minaccia l&#8217;umanità e gli abitanti della Terra in generale.</p>
  555.  
  556.  
  557.  
  558. <p>Una serie di ventiquattro grafici, ad opera dell’Anthropocene Working Group dell’International Commission on Stratigraphy, illustra la drammatica rappresentazione della Grande Accelerazione<strong>*</strong>. Ciascun grafico mostra una curva simile a una mazza da hockey relativa all’economia, all’esaurimento delle risorse e al sovraccarico dei pozzi di assorbimento planetari, che descrive un&#8217;improvvisa accelerazione e ascesa dell&#8217;impatto umano sulla Terra, simile al famoso grafico a mazza da hockey relativo all’aumento della temperatura media globale associata ai cambiamenti climatici.<strong>[2]</strong>&nbsp;Considerata in questo modo, la Grande Accelerazione viene vista come se avesse portato gli ultimi 11.700 anni di storia geologica (epoca dell&#8217;Olocene) ad una fine improvvisa, inaugurando l&#8217;epoca dell’Antropocene e l&#8217;attuale crisi planetaria.</p>
  559.  
  560.  
  561.  
  562. <p>Recenti ricerche hanno messo in evidenza due periodi distinti durante i quali l&#8217;uso delle risorse globali – comprese tutte le biomasse, i minerali, l&#8217;energia da combustibili fossili e la produzione di cemento – è aumentato molto più rapidamente delle emissioni globali di carbonio: la prima accelerazione dell&#8217;uso delle risorse si è verificata nel periodo 1950-70 e la seconda accelerazione nel periodo 2000-15.<strong>[3]</strong>&nbsp;La prima accelerazione è associata alla rapida espansione economica del Nord America, dell&#8217;Europa occidentale e del Giappone dopo la Seconda guerra mondiale; la seconda è coincisa con la rapida crescita della Cina, dell&#8217;India e di altre economie emergenti a partire dal 2000 circa. Negli ultimi anni, nei ricchi Paesi capitalisti o &#8220;economie sviluppate&#8221;, l&#8217;uso delle risorse pro capite ha seguito una tendenza alla stabilizzazione, pur rimanendo a livelli ben oltre la sostenibilità complessiva dal punto di vista dei limiti alla crescita. Tuttavia, gran parte di questo apparente livellamento nell&#8217;uso pro capite delle risorse naturali nel Nord globale è dovuto all&#8217;esternalizzazione della produzione industriale mondiale in direzione del Sud globale, mentre il consumo mondiale di beni e servizi è rimasto altamente concentrato nel Nord globale, associato a un &#8220;modo di vita imperiale&#8221;.<strong>[4]</strong>&nbsp;Nel 2016, il&nbsp;<em>Global Material Flows and Resource Productivity Report</em>&nbsp;del Programma delle Nazioni Unite per l&#8217;Ambiente ha indicato che «dal 1990, l&#8217;efficienza globale dei materiali [cioè l&#8217;efficienza nell&#8217;estrazione e nell&#8217;uso di materiali primari per unità di PIL] è migliorata di poco. Infatti, l&#8217;efficienza ha iniziato a diminuire intorno al 2000».<strong>[5]</strong>&nbsp;L&#8217;estrazione globale di materiali era triplicata nei quattro decenni precedenti al rapporto del 2016.<strong>[6]</strong>&nbsp;Queste condizioni hanno provocato un&#8217;accelerazione delle pressioni estrattive in regioni chiave del pianeta, in particolare nel Sud globale.</p>
  563.  
  564.  
  565.  
  566. <p>In molti Paesi del Sud globale, in particolare in America Latina e in Africa, i beni primari, tra cui l&#8217;agricoltura e i combustibili fossili/minerali, reminiscenze di un’epoca passata, dominano l&#8217;economia relativa alle esportazioni. Nel 2019, le percentuali dei beni primari nelle esportazioni di merci hanno raggiunto il 67% in Brasile e l&#8217;82% in Cile e Uruguay. In Algeria, la dipendenza dall&#8217;esportazione di combustibili fossili è quasi totale, e rappresenta ora il 94% del valore delle sue esportazioni di merci.<strong>[7]</strong>&nbsp;In America Latina, in particolare, all&#8217;era dell&#8217;industrializzazione basata sulla promozione del settore manifatturiero in sostituzione delle importazioni del secondo dopoguerra, è subentrata la recente era dell&#8217;accelerazione dell&#8217;estrazione delle risorse e di una nuova dipendenza dai beni primari, che comprende sia i beni agricoli che i combustibili/minerali. Nel 2017, le rendite derivate da risorse naturali (comprese quelle da minerali, petrolio, gas naturale e foreste) rappresentavano il 43% del PIL della Repubblica del Congo.<strong>[8]</strong>&nbsp;In Africa, la ricerca di risorse e di nuovi terreni agricoli ha alimentato ingenti accaparramenti di terre in tutto il continente, resi possibili dal fallimento del processo di decolonizzazione nel garantire i diritti delle popolazioni indigene alla terra.<strong>[9]</strong>&nbsp;Nelle nazioni insulari di tutto il mondo, i diritti di pesca e di sfruttamento delle risorse su vasti territori oceanici sono stati ceduti alle multinazionali, mentre i beni comuni oceanici vengono sfruttati in modo intensivo.<strong>[10]</strong>&nbsp;Le nuove tecnologie hanno portato a una corsa globale per la ricerca di nuovi minerali rari, come nel caso dell&#8217;estrazione del litio.<strong>[11]</strong>&nbsp;È in corso una massiccia finanziarizzazione della terra, nella quale la finanza internazionale, con sede nel Nord globale, sta assumendo il controllo della circolazione delle merci e della gestione dei servizi ecosistemici, soprattutto nel Sud globale.<strong>[12]</strong></p>
  567.  
  568.  
  569.  
  570. <p>Questa accelerazione dell&#8217;estrazione delle risorse e delle infrastrutture estrattive non è limitata alla periferia dell&#8217;economia mondiale capitalista. Gli Stati Uniti sono oggi il più grande produttore di petrolio al mondo, oltre che il suo più grande consumatore su scala globale. Nel mondo ci sono 730.000 miglia di oleodotti e gasdotti, pari a trenta volte la circonferenza della Terra. Gli Stati Uniti ed il Canada contano da soli circa 260.000 miglia di oleodotti per combustibili fossili, ovvero più di un terzo del totale mondiale.<strong>[13]</strong>&nbsp;In Canada, nel 2019 i prodotti primari hanno raggiunto il 43% del valore delle esportazioni di merci, mentre in Australia si è superato l’80%.<strong>[14]</strong></p>
  571.  
  572.  
  573.  
  574. <p>Le conseguenze ecologiche di tutte queste tendenze sono catastrofiche e si estendono dalla devastazione della terra e delle comunità al cambiamento climatico e alla distruzione di un pianeta abitabile per l&#8217;uomo. Cinquant&#8217;anni dopo la pubblicazione del rapporto&nbsp;<em>I limiti dello sviluppo</em>&nbsp;del Club di Roma, l&#8217;esaurimento delle risorse sta seguendo quello che il rapporto stesso definiva il suo minaccioso «scenario standard», con il risultato di mettere in pericolo l&#8217;esistenza stessa del pianeta Terra come casa per l&#8217;umanità e per innumerevoli altre specie.<strong>[15]</strong></p>
  575.  
  576.  
  577.  
  578. <p>In America Latina, queste condizioni e i loro effetti sul suolo, hanno portato all’elaborazione di &#8220;estrattivismo&#8221; come concetto critico, che nelle recenti discussioni teoriche ha spesso assunto un significato più esteso, includendo ampi aspetti del capitalismo e delle sue forme di sfruttamento. Numerose analisi accademiche hanno cercato di estendere tale nozione per rendere conto dell&#8217;insieme degli attuali problemi economici, politici, culturali ed ecologici, rimuovendo in larga parte il capitalismo stesso, e inglobando questioni diverse come la modernità, la violenza, la produzione, lo sfruttamento, la distruzione ambientale, la digitalizzazione e i nuovi &#8220;assemblaggi ontologici&#8221; dei cosiddetti &#8220;nuovi materialisti&#8221;.<strong>[16]</strong>&nbsp;Per questi pensatori, l&#8217;estrattivismo rappresenta la fonte insaziabile della spinta distruttiva e non sostenibile della modernità capitalista, tesa a mercificare e consumare tutta la vita e tutta l&#8217;esistenza, ciò che alcuni teorici definiscono &#8220;estrattivismo totale&#8221; o &#8220;divoratore di mondi&#8221;. Tali prospettive finiscono per spostare il concetto critico di accumulazione del capitale, oltre a distogliere l&#8217;attenzione dalle lotte popolari molto concrete che si svolgono a livello locale contro il capitale estrattivista.<strong>[17]</strong></p>
  579.  
  580.  
  581.  
  582. <p>Per questo motivo, il critico ecologico uruguaiano Eduardo Gudynas, uno dei principali analisti latinoamericani dell&#8217;estrattivismo, ha insistito sul fatto che il concetto debba essere affrontato in relazione ai modi di produzione/appropriazione, dando all&#8217;estrattivismo un significato ben preciso, diretto allo sviluppo di un&#8217;ampia critica politico-economica-ecologica. In particolare, Gudynas si oppone a quello che considera un approccio accademico poco rigoroso che oggi propone «etichette vaghe e ambigue per l&#8217;estrattivismo come: &#8220;finanziario&#8221;, &#8220;culturale&#8221;, &#8220;musicale&#8221; ed &#8220;epistemologico&#8221;», creando infinite fonti di confusione e allontanando il concetto dalle sue basi di economia politica e di critica ecologica. «L&#8217;estrattivismo», scrive, «non può essere usato come sinonimo di sviluppo o di economia primaria esportatrice. Non esiste uno sviluppo estrattivista [&#8230;]. L&#8217;estrattivismo [&#8230;] non tiene conto della struttura e del funzionamento di un&#8217;intera economia nazionale, che comprende molti altri settori, attività e istituzioni».<strong>[18]</strong></p>
  583.  
  584.  
  585.  
  586. <p>La genesi della teoria dell&#8217;estrattivismo di Gudynas, sulla quale ci concentreremo in seguito, può essere ricondotta ad un&#8217;ampia tradizione storico-materialista. Pertanto, per comprendere il significato del suo lavoro, è necessario collocarlo all&#8217;interno di questa tradizione, che risale all&#8217;analisi classica di Karl Marx e Friedrich Engels, relativa alle questioni dell&#8217;appropriazione/espropriazione della natura, delle industrie estrattive e della frattura metabolica. In questo modo, è possibile fornire le basi per una critica dell&#8217;estrattivismo nell&#8217;Antropocene.<br><strong><br>Marx e l&#8217;espropriazione della natura</strong></p>
  587.  
  588.  
  589.  
  590. <p>La nozione di “industria estrattiva” venne elaborata da Marx a metà del XIX secolo. Egli divise la produzione in quattro sfere: industria estrattiva, agricoltura, manifattura e trasporti. Marx riteneva l&#8217;industria estrattiva il settore della produzione «che trova in natura il suo oggetto di lavoro, come l’attività mineraria, la caccia, la pesca (l’agricoltura solo in quanto dissoda la terra vergine, in prima istanza)».<strong>[19]</strong>&nbsp;In generale, Marx separava l&#8217;industria estrattiva dall&#8217;agricoltura, in quanto quest&#8217;ultima non dipendeva da materie prime provenienti dall&#8217;esterno, ma da materie prime prodotte al proprio interno, date le caratteristiche riproduttive dell&#8217;agricoltura. Questo, tuttavia, non gli impedì, nella sua teoria della frattura metabolica, di riconoscere il carattere espropriativo dell&#8217;agricoltura industriale capitalista, nei modi che oggi definiamo estrattivisti.</p>
  591.  
  592.  
  593.  
  594. <p>Alcune delle osservazioni più critiche di Marx riguardo al modo di produzione capitalista erano rivolte all&#8217;industria mineraria come quintessenza dell&#8217;industria estrattiva. Nella sua discussione sull&#8217;estrazione del carbone nel terzo volume del<em>&nbsp;Capitale</em>, Marx trattava l&#8217;assoluta negligenza riservata alle condizioni di vita dei minatori, che portava, in Inghilterra, ad una perdita media di quindici vite al giorno. Questo lo portava a rilevare come il capitale sia «un dilapidatore di uomini, di lavoro vivente, un dilapidatore non solo di carne e sangue ma pure di nervi e di cervelli.».<strong>[20]</strong>&nbsp;Ma per Marx, gli effetti distruttivi dell&#8217;industria estrattiva e del capitale, nel suo complesso, non si limitavano allo sperpero di carne e sangue, ma si estendevano anche allo sperpero di materie prime.<strong>[21]</strong>&nbsp;Inoltre, com’è noto, nella sua corrispondenza con Marx, Engels discusse sullo &#8220;sperpero&#8221; dei combustibili fossili, e del carbone in particolare.<strong>[22]</strong></p>
  595.  
  596.  
  597.  
  598. <p>Nelle interviste rilasciate in risposta ai movimenti radicali e indigeni contro l&#8217;estrattivismo, il presidente ecuadoriano Rafael Correa ha chiesto retoricamente: «<em>Señores marxistas</em>, Marx era forse contrario allo sfruttamento delle risorse naturali?». Sostenendo implicitamente che Marx non si sarebbe opposto all&#8217;estrattivismo contemporaneo. In risposta, l&#8217;economista ecologista Joan Martinez-Alier ha ricordato la famosa analisi di Marx, secondo cui «il capitalismo conduce a una &#8220;frattura metabolica&#8221;. Il capitalismo non è in grado di rinnovare le proprie condizioni di produzione; non sostituisce i nutrienti, erode i terreni, esaurisce o distrugge le risorse rinnovabili (come la pesca e le foreste) e quelle non rinnovabili (come i combustibili fossili e i minerali)». Su questa base, Martínez-Alier sostiene che Marx, sebbene non sia vissuto tanto a lungo da assistere al cambiamento climatico globale, «si sarebbe schierato dalla parte della giustizia climatica».<strong>[23]</strong>&nbsp;In effetti, la straordinaria crescita della critica ecologica marxiana, basata sull&#8217;analisi del «lato negativo, cioè distruttivo» della produzione capitalistica, presente nella teoria della frattura metabolica contenuta nel<em>&nbsp;Capitale</em>, ha consegnato al mondo intuizioni penetranti su ogni aspetto della crisi planetaria contemporanea.<strong>[24]</strong><br><br>La chiave per un&#8217;indagine storico-materialista dell&#8217;estrattivismo si trova nell&#8217;analisi fornita da Marx su ciò che egli chiamava &#8220;espropriazione originaria&#8221;, un termine che preferiva, rispetto a quello che gli economisti politici classico-liberali denominavano &#8220;accumulazione precedente o originaria&#8221; (spesso tradotto in modo fuorviante con &#8220;accumulazione primitiva&#8221;).<strong>[25]</strong>&nbsp;Per Marx, la «cosiddetta accumulazione primitiva [originaria]», come sottolineava ripetutamente, non era affatto un&#8217;<em>accumulazione</em>, ma piuttosto un&#8217;<em>espropriazione</em>&nbsp;o un&#8217;appropriazione senza eguali.<strong>[26]</strong>&nbsp;Prendendo spunto da Karl Polanyi &#8211; e in linea con l&#8217;argomentazione di Marx &#8211; possiamo anche riferirci all&#8217;espropriazione come&nbsp;<em>appropriazione senza reciprocità</em>.<strong>[27]</strong>&nbsp;L’espropriazione era evidente nella violenta confisca dei beni comuni in Gran Bretagna. Ma «i momenti principali della [cosiddetta] accumulazione primitiva» nell&#8217;era mercantilista, che fornì le condizioni per &#8220;la genesi dell&#8217;industria capitalistica&#8221;, risiedevano nell&#8217;espropriazione di terre e corpi attraverso la &#8220;conquista e il saccheggio&#8221; coloniale dell&#8217;intera area esterna/periferia dell&#8217;emergente economia mondiale capitalista. A ciò si associano, scrive Marx, «lo sterminio e la riduzione in schiavitù della popolazione aborigena, seppellita nelle miniere» delle Americhe, l&#8217;intera tratta transatlantica degli schiavi, la brutale colonizzazione dell&#8217;India e un massiccio drenaggio di risorse/eccedenze dai paesi colonizzati, aree che hanno alimentato lo sviluppo europeo.<strong>[28]</strong></p>
  599.  
  600.  
  601.  
  602. <p>Cruciale, per questa analisi, è stata l&#8217;accurata distinzione proposta da Marx tra l’<em>appropriazione</em>, intesa nel suo senso più generale come base di tutte le forme di proprietà e di tutti i modi di produzione, e quelle forme particolari di appropriazione, come l&#8217;<em>espropriazione</em>&nbsp;a scopo di lucro&nbsp;e lo&nbsp;<em>sfruttamento</em>&nbsp;salariale, che hanno caratterizzato il regime del capitale. Marx riteneva che l’<em>appropriazione in generale</em>&nbsp;avesse le sue radici nella libera appropriazione della natura, e quindi fosse un prerequisito materiale dell&#8217;esistenza umana, che portava alla formazione di varie tipologie di proprietà, di cui la proprietà privata ne rappresentava solo un caso, divenuto dominante soltanto con il capitalismo. Questo approccio storico-teoretico generale ha dato origine al concetto di Marx di &#8220;modo di appropriazione&#8221;, alla base del modo di produzione.<strong>[29]</strong>&nbsp;Tali distinzioni avrebbero giocato un ruolo importante nei suoi scritti etnologici successivi e nella sua identificazione con la resistenza attiva all&#8217;espropriazione delle terre delle comunità indigene in Algeria e altrove.<strong>[30]</strong><br><br>Non solo l&#8217;espropriazione della terra e dei corpi era presente nell&#8217;analisi di Marx, ma la terra stessa era espropriabile, nel senso che le condizioni della sua riproduzione non erano conservate e le risorse naturali erano &#8220;derubate&#8221; o &#8220;sperperate&#8221;.<strong>[31]</strong>&nbsp;Questo era il caso del capitalismo, in cui l&#8217;appropriazione della natura assumeva generalmente una forma chiaramente espropriativa. Nell&#8217;analisi di Marx, la libera appropriazione della natura da parte delle comunità umane, che costituisce la base di tutta la produzione, si è trasformata con il capitalismo nella forma più distruttiva di «un libero dono della natura&nbsp;<em>al capitale</em>», non più rivolto anzitutto alla riproduzione della vita, della terra e della comunità come un tutt&#8217;uno indivisibile, ma piuttosto dedicato esclusivamente alla valorizzazione del capitale.<strong>[32]</strong>&nbsp;Il&nbsp;<em>furto</em>&nbsp;della terra e la&nbsp;<em>frattura</em>&nbsp;metabolica &#8211; o l&#8217;«incolmabile frattura nel nesso del ricambio organico sociale» tra l&#8217;umanità e la natura &#8211; erano quindi strettamente intrecciate.<strong>[33]</strong>&nbsp;Sebbene alcuni teorici contemporanei abbiano tentato di definire l&#8217;estrattivismo come&nbsp;<em>non reproduction of nature</em>&nbsp;[non riproduzione della natura], è più significativo dal punto di vista teorico considerare questo fenomeno, in linea con l&#8217;ecologia marxiana, nei termini di ciò che Marx chiamava il furto o l&#8217;espropriazione della natura, di cui l&#8217;estrattivismo rappresenta una forma particolarmente estrema e cruciale.<br><br><strong>Gudynas e il surplus estrattivista</strong></p>
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  605.  
  606. <p>Queste basi concettuali derivanti dalla critica ecologica classica di Marx ci permettono di apprezzare le innovative intuizioni sull&#8217;estrattivismo elaborate da Gudynas nel suo recente libro,&nbsp;<em>Extractivisms</em>. Un punto di partenza cruciale della sua analisi è il concetto di&nbsp;<em>modo di appropriazione</em>. Nella sua opera pionieristica del 1985,&nbsp;<em>Underdeveloping the Amazon</em>, il sociologo ambientale Stephen G. Bunker introdusse la nozione di &#8220;modo di estrazione&#8221; per affrontare la questione dell&#8217;industria estrattiva e il suo carattere non rinnovabile, contrapponendola al più ampio concetto marxiano di &#8220;modo di produzione&#8221;.<strong>[34]</strong>&nbsp;Gudynas ritiene che Bunker fosse nel complesso sulla strada giusta. Tuttavia, a differenza di Bunker, Gudynas non adotta la categoria di &#8220;modi di estrazione&#8221;. Né reimpiega la nozione di &#8220;modi di produzione&#8221; di Marx, sostenendo inspiegabilmente che il concetto di Marx è stato &#8220;abbandonato&#8221;, citando l&#8217;antropologo e attivista anarchico David Graeber. Anzi, Gudynas si rivolge al concetto di &#8220;modi di appropriazione&#8221;, apparentemente ignaro della connessione teorica tra&nbsp;<em>appropriazione</em>&nbsp;e&nbsp;<em>produzione</em>&nbsp;e tra&nbsp;<em>modi di appropriazione</em>&nbsp;e&nbsp;<em>modi di produzione</em>&nbsp;che Marx aveva costruito nei&nbsp;<em>Grundrisse</em>, ignaro anche di come ciò sia correlato all&#8217;attuale ricerca marxiana dedicata a queste categorie.<strong>[35]</strong>&nbsp;Tuttavia, l&#8217;approccio ai modi di appropriazione consente a Gudynas di distinguere tra l&#8217;appropriazione umana dell&#8217;ambiente naturale in generale e ciò che egli definisce &#8220;modi di appropriazione estrattivisti&#8221;, che violano le condizioni della riproduzione naturale e sociale.</p>
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  609.  
  610. <p>Gudynas definisce l&#8217;estrattivismo stesso in termini di pratiche eccessive, misurate su tre caratteristiche: (1)&nbsp;<em>indicatori fisici</em>&nbsp;(volume e peso), (2)&nbsp;<em>intensità ambientale</em>&nbsp;e (3)&nbsp;<em>destinazione</em>. L’estrattivismo, da questa prospettiva, è ritenuto intrinsecamente legato al colonialismo e all&#8217;imperialismo, poiché richiede che il prodotto sia esportato sotto forma di beni primari.<strong>[36]</strong>&nbsp;Non tutte le appropriazioni della natura effettuate dalle industrie estrattive sono estrattiviste. Questa posizione è forse più chiara nel suo breve contributo&nbsp;<em>Would Marx Be an Extractivist?</em>&nbsp;[Marx sarebbe forse un estrattivista?]. Come nella risposta di Martínez-Alier a Correa, Gudynas afferma:</p>
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  612.  
  613.  
  614. <p>«Marx non ha rifiutato l&#8217;estrazione mineraria. La maggior parte dei movimenti sociali non la rifiuta e, se si ascoltano attentamente le loro rivendicazioni, si scopre che si concentrano su un particolare tipo di impresa: quella su larga scala, con enormi volumi asportati, intensiva e a cielo aperto. In altre parole, non bisogna confondere l&#8217;attività mineraria con l&#8217;estrattivismo [&#8230;]. Marx, oggi in America Latina non sarebbe un estrattivista, perché ciò significherebbe abbandonare l&#8217;obiettivo di trasformare i modi di produzione, diventando un economista borghese. Al contrario, egli promuoverebbe alternative al [modo di] produzione dominante, e questo significa, nel contesto attuale, andare in direzione del post-estrattivismo.»<strong>[37]</strong></p>
  615.  
  616.  
  617.  
  618. <p>L&#8217;estrattivismo globale di oggi, quello che Martin Arboleda ha chiamato&nbsp;<em>The Planetary Mine</em>, si identifica con il &#8220;capitale monopolistico generalizzato&#8221; e con le condizioni del &#8220;tardo imperialismo&#8221;.<strong>[38]</strong>&nbsp;Una preoccupazione centrale del lavoro di Gudynas è la critica della rinnovata dipendenza imperiale nel Sud globale, derivante dal neo-estrattivismo, che solleva la questione della &#8220;<em>delinking from globalization</em>&#8220;<strong>**</strong>&nbsp;[disconnessione dalla globalizzazione], quale – forse – unica alternativa radicale.<strong>[39]</strong>&nbsp;Una visione simile è stata sviluppata con forza da James Petras ed Henry Veltmeyer nel loro&nbsp;<em>Extractive Imperialism</em>, che hanno descritto il nuovo estrattivismo come un nuovo modello imperialista, che costringe i Paesi a una nuova dipendenza, il cui terreno è stato preparato dalla ristrutturazione neoliberale che ha praticamente annientato molte delle precedenti forze di produzione nell&#8217;agricoltura e nell&#8217;industria.<strong>[40]</strong><br><br>Tuttavia, il contributo più significativo di Gudynas si trova nel suo tentativo di collegare l&#8217;estrattivismo al concetto di surplus, per spiegare le perdite economiche ed ecologiche associate alla dipendenza da modi di appropriazione estrattivisti. In questo contesto, egli si basa sul concetto di surplus economico sviluppato da Paul A. Baran in&nbsp;<em>The Political Economy of Growth</em>&nbsp;negli anni Cinquanta, concetto sviluppato per rendere operativo il calcolo del plusvalore di Marx in conformità con una critica che aveva come metro di paragone la pianificazione economica razionale.<strong>[41]</strong>&nbsp;Gudynas sostiene che nel concetto di surplus economico di Baran, in conformità con il plusvalore di Marx, «l&#8217;affitto del terreno e l&#8217;interesse sul capitale monetario» sono componenti del surplus totale piuttosto che costi di produzione. Introducendo il concetto di surplus economico, Baran cercò di rivelare, come dice Gudynas, quelle che erano, nella contabilità capitalista, forme essenzialmente&nbsp;<em>mascherate</em>&nbsp;di «appropriazione del surplus».<strong>[42]</strong><br><br></p>
  619.  
  620.  
  621.  
  622. <p>Facendo leva su questa idea, Gudynas cerca di aggiungere alla dimensione economica o&nbsp;<em>sociale</em>&nbsp;del surplus, basata sullo sfruttamento del lavoro nel contesto dei modi di appropriazione estrattivisti, due dimensioni&nbsp;<em>ambientali</em>&nbsp;del surplus. La prima di queste, il&nbsp;<em>surplus ambientale rinnovabile</em>, è correlata alla classica teoria ricardiano-marxiana dell&#8217;affitto del terreno agricolo, incentrata principalmente sull&#8217;industria delle fonti rinnovabili. Il suo scopo è quello di cogliere non solo il surplus associato alle rendite di monopolio e quindi integrato direttamente nel calcolo economico, ma anche, secondo Gudynas, di fare i conti col modo in cui i servizi ecosistemici, come l&#8217;impollinazione, vengono appropriati/espropriati secondo modalità estrattive. Gudynas segnala che, trascurando aspetti ambientali cruciali come la conservazione del suolo e dell&#8217;acqua, si crea un maggiore &#8220;surplus monetario&#8221; per le imprese, generando in questo modo un surplus artificialmente maggiore basato sull&#8217;appropriazione estrattiva delle risorse rinnovabili. Ciò è legato a quello che Marx chiamava &#8220;furto&#8221; o espropriazione della terra, che fa parte della sua teoria della frattura metabolica.<strong>[43]</strong></p>
  623.  
  624.  
  625.  
  626. <p>Secondo Gudynas, la terza dimensione del surplus (la seconda dimensione ambientale) è il&nbsp;<em>surplus ambientale non rinnovabile</em>&nbsp;legato alle risorse non rinnovabili, come i minerali e i combustibili fossili. «La distinzione fondamentale, in questo caso», scrive, «è che la risorsa prima o poi si esaurirà, e perciò il surplus acquisito dal capitalista sarà sempre proporzionale alla perdita di patrimonio naturale che non potrà essere recuperato. Allo stesso modo, lo spazio occupato da un&#8217;enclave mineraria sarà impossibile da utilizzare per altri scopi, come l&#8217;agricoltura». Qualsiasi surplus ottenuto con l&#8217;estrattivismo deve essere messo in relazione con la perdita di ricchezza naturale associata all&#8217;esaurimento delle risorse, cosa che viene occultata dall&#8217;uso comune del concetto di &#8220;capitale naturale&#8221;, oggi concepito non più in termini di valore d&#8217;uso, come nell&#8217;economia politica classica, ma piuttosto, in accordo con l&#8217;economia neoclassica, in termini di valore di scambio e di sostituibilità.<strong>[44]</strong>&nbsp;L&#8217;attuale crisi ecologica planetaria deve essere vista come produzione di un&#8217;espropriazione distruttiva della natura, che deve essere trascesa nel processo di superamento del capitalismo.</p>
  627.  
  628.  
  629.  
  630. <p>Nel materialismo storico classico di Marx ed Engels, riguardo all&#8217;espropriazione delle risorse non rinnovabili, veniva adottato un approccio analitico molto simile a quello presentato da Gudynas nella sua analisi del surplus ambientale non rinnovabile. Per Marx ed Engels, l&#8217;espropriazione distruttiva delle risorse non rinnovabili non poteva essere trattata come un semplice caso di&nbsp;<em>furto</em>, come nel caso del suolo, delle foreste, della pesca e così via. Per questo motivo essi si sono approcciati all’estrattivismo delle risorse non rinnovabili descrivendolo come&nbsp;<em>sperpero</em>&nbsp;di tali risorse, un concetto che è stato utilizzato soprattutto in relazione alla rapace espropriazione di minerali e combustibili fossili, in special modo del carbone, ma applicato anche agli immensi &#8220;sacrifici umani&#8221; nelle industrie estrattive, legati a ciò che oggi viene talvolta chiamato &#8220;<em>corporeal rift</em>&#8221; [frattura corporea].<strong>[45]</strong>&nbsp;Il rapporto del capitalismo con le risorse rinnovabili e non rinnovabili è stato quindi visto, nella prospettiva storico-materialista classica, come un&#8217;espropriazione distruttiva della terra, sia come &#8220;furto&#8221; che come &#8220;sperpero&#8221; della natura, un approccio che corrisponde da vicino alle due forme di appropriazione/espropriazione del surplus estrattivo teorizzate da Gudynas.</p>
  631.  
  632.  
  633.  
  634. <p>L&#8217;approccio di Gudynas verso ciò che egli chiama il &#8220;surplus estrattivista&#8221;, associato alle sue due dimensioni ambientali del surplus, intende includere le esternalità, evidenziando il fatto che il'&#8221;<em>surplus effettivo</em>&#8221; di cui si appropria &#8211; per usare i termini di Baran &#8211; è, in alcuni casi, artificialmente maggiore, rispetto ad un più razionale &#8220;surplus pianificato&#8221;, in quanto non tiene conto dell&#8217;esaurimento dei combustibili fossili e di altre risorse naturali.<strong>[46]</strong>&nbsp;Questo approccio di base viene utilizzato nel resto dell&#8217;analisi di Gudynas per affrontare le lotte sul terreno contro l&#8217;emorragia delle economie estrattiviste e la loro connessione con il tardo imperialismo, che estende tale emorragia su scala sempre più ampia, cosa che a lungo termine va a scapito delle economie periferiche o semiperiferiche [cioè emergenti] che ne dipendono. Come sostiene l&#8217;autore in&nbsp;<em>Extractivisms</em>, si tratta in definitiva di una questione di «estrattivismo e giustizia».<strong>[47]</strong><br><strong><br>Estrattivismo e crisi dell&#8217;Antropocene</strong><br><br>Dato che l&#8217;Antropocene, sebbene non ancora ufficialmente, è stato definito come l&#8217;epoca in cui i fattori antropogenici &#8211; piuttosto che quelli non antropogenici &#8211; rappresentano le principali determinanti del cambiamento del Sistema Terra (per la prima volta nella storia geologica) ed è chiaro che esso continuerà finché sopravviverà la civiltà industriale globale. L&#8217;attuale crisi dell&#8217;Antropocene, definita come una &#8220;frattura antropogenica&#8221; nei cicli biogeochimici del Sistema Terra, è strettamente associata al sistema di accumulazione del capitale e sta portando la società verso un&nbsp;<em>Anthropocene extinction event</em>&nbsp;[evento di estinzione antropocenico].<strong>[48]</strong>&nbsp; Per evitarlo, l&#8217;umanità dovrà superare la «società cumulativa» dominante imposta dal capitalismo.<strong>[49]</strong>&nbsp;Ma nel futuro prossimo non avverrà nessuna fuoriuscita progressiva dall’Antropocene, poiché l&#8217;umanità, anche in un modo di produzione socialista ecologicamente sostenibile, rimarrà sul filo del rasoio, dato l&#8217;attuale stadio di sviluppo economico e tecnologico su scala planetaria, e considerato il fatto che i limiti della crescita dovranno essere presi in considerazione nella determinazione di tutti i futuri percorsi di sviluppo umano sostenibile.</p>
  635.  
  636.  
  637.  
  638. <p>È stato il riconoscimento di queste condizioni che ha portato Carles Soriano, scrivendo su&nbsp;<em>Geologica Acta</em>, a proporre&nbsp;<em>Capitaliana</em>&nbsp;quale nome della prima età geologica dell&#8217;Epoca dell&#8217;Antropocene.<strong>[50]</strong>&nbsp;Secondo questa prospettiva, l&#8217;attuale crisi ecologica planetaria deve essere vista in termini di produzione di un&#8217;espropriazione distruttiva della natura, che deve essere trascesa nel processo di superamento del capitalismo e dell&#8217;Età Capitaliana. Altri hanno proposto, autonomamente, il nome di<em>&nbsp;Capitalinian</em>&nbsp;per questa nuova età geologica, indicando anche la nozione di&nbsp;<em>Communian</em>&nbsp;&#8211; che sta per&nbsp;<em>communal</em>,&nbsp;<em>community</em>,&nbsp;<em>commons</em>&nbsp;&#8211; come la futura età geologica dell&#8217;Antropocene, che deve essere creata in coevoluzione con la natura e che necessita di un &#8220;<em>great climacteric</em>&#8221; [grande climaterio]<strong>***</strong>&nbsp;entro la metà del ventunesimo secolo.<strong>[51]</strong></p>
  639.  
  640.  
  641.  
  642. <p>Nel secolo attuale, la lotta contro l&#8217;espropriazione capitalistica della natura e in particolare contro l&#8217;estrattivismo, che sta sempre più dominando il nostro tempo &#8211; insieme al superamento dell&#8217;attuale sistema di accumulazione &#8211; deve avere la priorità a tutti i livelli e in tutte le forme di lotta sociale. Nella prospettiva storico-materialista classica, la produzione nel suo complesso &#8211; non solo l&#8217;industria estrattiva, ma anche l&#8217;agricoltura, la manifattura e i trasporti &#8211; deve essere affrontata per superare le contraddizioni dell&#8217;accumulazione di capitale basata sulle classi sociali. A questo proposito, le intuizioni della lunga tradizione storico-materialista sono fondamentali. Come osservava Marx: «Poiché il lavoro&nbsp;<em>effettivo</em>&nbsp;è l&#8217;appropriazione della natura per il soddisfacimento dei bisogni umani, l&#8217;attività che media il ricambio materiale tra l&#8217;uomo e la natura – essendo la capacità di lavoro spogliata dei mezzi di lavoro, delle condizioni oggettive dell’appropriazione della natura attraverso il lavoro – è spogliata ugualmente dei&nbsp;<em>mezzi di sussistenza</em>. La capacità di lavoro spogliata dei mezzi di lavoro e dei&nbsp;<em>mezzi di sussistenza</em>&nbsp;è quindi l’assoluta povertà come tale».<strong>[52]</strong></p>
  643.  
  644.  
  645.  
  646. <p>La crescita dell&#8217;accumulazione ha comportato la distruzione dei&nbsp;<em>mezzi di sussistenza</em>&nbsp;sul pianeta, privando il lavoro del suo ruolo di mediatore diretto del metabolismo tra l&#8217;umanità e la natura, e sostituendolo con il capitale attraverso il controllo delle condizioni oggettive dell&#8217;appropriazione della natura stessa. L&#8217;unica risposta è la creazione di una forma superiore di società in cui i produttori associati regolino direttamente e razionalmente il metabolismo tra l&#8217;umanità e la natura, in accordo con le esigenze del proprio sviluppo umano in coevoluzione con la terra nella sua totalità.<br><strong><br>*&nbsp;</strong><em>N.d.T.</em><strong>&nbsp;</strong>Per vedere la serie di ventiquattro grafici che illustra la &#8220;Grande Accelerazione&#8221;:&nbsp;<a href="https://anthropocenejournal.wordpress.com/2011/12/22/the-great-acceleration/#jp-carousel-44" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Clicca qui</a><strong><br><br>**</strong>&nbsp;<em>Delinking</em>: concetto coniato all’interno degli studi economico-sociali. In ambito produttivo&nbsp;<em>delinking</em>&nbsp;significa: disaccoppiamento del benessere dalla crescita economica, dalla produzione.&nbsp;<em>N.d.T</em>.<strong><br></strong><strong><br>***</strong>&nbsp;Qui, Bellamy Foster usa il termine&nbsp;<em>climacteric</em>&nbsp;per riferirsi alla necessaria transizione sociale epocale riferita all’attuale emergenza planetaria. Vedi: John Bellamy Foster, “<a href="https://monthlyreviewarchives.org/index.php/mr/article/view/MR-067-06-2015-10_1" target="_blank" rel="noreferrer noopener">The Great Capitalist Climacteric</a>”&nbsp;<em>Monthly Review</em>&nbsp;67, no. 6 (November 2015).<strong>&nbsp;</strong><em>N.d.T.</em><strong><br></strong><strong><br>[1]</strong>&nbsp;Sull&#8217;Antropocene, vedi Jan Zalasiewicz, Colin N. Waters, Mark Williams e Colin P. Summerhayes,&nbsp;<em>The Anthropocene as a Geological Time Unit</em>, Cambridge University Press, Cambridge, 2019; Ian Angus,&nbsp;<a href="https://monthlyreview.org/product/facing_the_anthropocene/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><em>Facing the Anthropocene</em></a>, Monthly Review Press, New York, 2016, trad. it.<a href="http://www.asterios.it/catalogo/anthropocene" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><em>Anthropocene. Capitalismo fossile e crisi del sistema Terra</em></a><em>,&nbsp;</em>Asterios, Trieste, 2020.<br><strong>[2]</strong>&nbsp;Vedi Zalasiewicz, Waters, Williams e Summerhayes,&nbsp;<em>The Anthropocene as a Geological Time Unit</em>, pp. 256–57; Angus, Anthropocene. Capitalismo fossile e crisi del sistema Terra, pp. 75-76.<br><strong>[3]</strong>&nbsp;Christoph Gorg et al., “Scrutinizing the Great Acceleration: The Anthropocene and Its Analytic Challenges for Social-Ecological Transformations,”&nbsp;<em>Anthropocene Review</em>&nbsp;7, no. 1, 2020, pp. 42–61.<br><strong>[4]</strong>&nbsp;Ulrich Brand e Markus Wissen,&nbsp;<em>The Imperial Mode of Living</em>, Verso,&nbsp; Londra,2021.</p>
  647.  
  648.  
  649.  
  650. <p><strong>[5]</strong>&nbsp;Alicia Bárcena Ibarra, United Nations Environmental Programme Press Release, “Worldwide Extraction of Materials Triples in Four Decades, Intensifying Climate Change and Air Pollution,” July 20, 2016.<br><strong>[6]</strong>&nbsp;United Nations Environment Programme,&nbsp;<em>Global Material Flows and Resource Productivity</em>, 2016, p. 5.<br><strong>[7]</strong>&nbsp;World Trade Organization,&nbsp;<em>Trade Profiles 2021</em>. Vedi anche Martin Upchurch, “Is There a New Extractive Capitalism?,”&nbsp;<em>International Socialism</em>&nbsp;168, 2020.<br><strong>[8]</strong>&nbsp;Eduardo Gudynas,&nbsp;<em>Extractivisms</em>, Fernwood, Halifax Nova Scotia, 2020, p. 82.<br><strong>[9]</strong>&nbsp;Mark Bowman, “Land Rights, Not Land Grabs, Can Help Africa Feed Itself,” CNN, 18.06.2013.<br><strong>[10]</strong>&nbsp;Guy Standing, “How Private Corporations Stole the Sea from the Commons,”&nbsp;<em>Janata Weekly</em>, 07.08.2022; Stefano Longo, Rebecca Clausen e Brett Clark,&nbsp;<em>The Tragedy of the Commodity</em>, Rutgers University Press, New Brunswick, New Jersey, 2015.<br><strong>[11]</strong>&nbsp;Vijay Prashad e Taroa Zúñiga Silva, “Chile’s Lithium Provides Profit to the Billionaires but Exhausts the Land and the People,”&nbsp;<em>Struggle-La Lucha</em>, 30.07.2022.<br><strong>[12]</strong>&nbsp;John Bellamy Foster, “<a href="https://doi.org/10.14452/MR-073-11-2022-04_1" target="_blank" rel="noreferrer noopener">The Defense of Nature: Resisting the Financialization of the Earth</a>,”&nbsp;<em>Monthly Review</em>&nbsp;73, n. 11, aprile 2022, pp. 1–22.<br><strong>[13]</strong>&nbsp;Mohammed Hussein, “Mapping the World’s Oil and Gas Pipelines,”&nbsp;<em>Al Jazeera</em>, 16.12.2021.<br><strong>[14]</strong>&nbsp;World Trade Organization,&nbsp;<em>Trade Profiles 2021</em>, 22, 70; “USA: World’s Largest Producer of Oil and Its Largest Consumer,” China Environment News, 29.07.2022, china-environment-news.net.<br><strong>[15]</strong>&nbsp;Donella H. Meadows, Dennis L. Meadows, Jørgen Randers e William W. Behrens III,&nbsp;<em>The Limits to Growth</em>, Potomac Associates, Washington, DC 1972; Dennis Meadows intervistato da Juan Bordera, “<a href="https://mronline.org/2022/08/10/fifty-years-after-the-limits-to-growth/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Fifty Years After ‘The Limits to Growth</a>,&#8217;” MR Online, 21.07.2022, trad. it.&nbsp;<a href="https://antropocene.org/index.php/302-la-crescita-si-fermera-per-un-motivo-o-per-l-altro?highlight=WyJtZWFkb3dzIl0=" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><em>La crescita si fermerà, per un motivo o per l&#8217;altro</em></a>, Antropocene.org, 27.08.2022.<br><strong>[16]</strong>&nbsp;Vedi John-Andrew McNeish e Judith Shapiro, introduzione a&nbsp;<em>Our Extractive Age: Expressions of Violence and Resistance</em>, a cura di Shapiro e McNeish, Routledge, Londra, 2021, p. 3; Christopher W. Chagnon, Sophia E. Hagolani-Albov, e Saana Hokkanen, “Extractivism at Your Fingertips” in&nbsp;<em>Our Extractive Age</em>, pp. 176–88; Christopher W. Chagnon et al., “From Extractivism to Global Extractivism: The Evolution of an Organizing Concept,”&nbsp;<em>Journal of Peasant Studies</em>&nbsp;94, n. 4, maggio 2022, pp. 760–92.<br><strong>[17]</strong>&nbsp;Alexander Dunlap e Jostein Jakobsen,&nbsp;<em>The Violent Technologies of Extraction,</em>&nbsp;Macmillan, Cham: Palgrave, 2020, pp. 34, 100, 120–21.<br><strong>[18]</strong>&nbsp;Gudynas,&nbsp;<em>Extractivisms</em>, p. 4, 10.<br><strong>[19]</strong>&nbsp;Karl Marx,&nbsp;<em>Il</em>&nbsp;c<em>apitale</em>, Libro primo, in Marx Engels,&nbsp;<em>Opere</em>&nbsp;vol. 30, Edizioni Lotta Comunista, Sesto San Giovanni, 2022, p. 207; Karl Marx,&nbsp;<em>Manoscritto economico 1861-1863</em>, in Marx Engels,&nbsp;<em>Opere</em>, vol. 36, Edizioni Lotta Comunista, Sesto San Giovanni, 2022, p. 145; Marx e Engels,&nbsp;<em>Collected Works</em>, vol. 35, p. 191. Gudynas attribuisce la diffusione del termine &#8220;industria estrattiva&#8221; alle istituzioni finanziarie internazionali come la Banca Mondiale. Egli respinge il termine in quanto connota il settore estrattivo come parte dell&#8217;industria e quindi produttivo. È importante notare che Marx ha utilizzato il termine come parte di un&#8217;analisi settoriale della produzione nel suo complesso, e quindi non separata dalla produzione. Vedi Gudynas,&nbsp;<em>Extractivisms</em>, pp. 3, 8.<br><strong>[20]</strong>&nbsp;Karl Marx,&nbsp;<em>Il capitale</em>, Libro terzo, in Marx Engels,&nbsp;<em>Opere</em>&nbsp;vol. 32, Edizioni Lotta Comunista, Sesto San Giovanni, 2022, p. 120.<br><strong>[21]</strong>&nbsp;Marx,&nbsp;<em>Il capitale</em>, Libro 3, p. 836.<br><strong>[22]</strong>&nbsp;Marx,&nbsp;<em>Capital</em>, Libro 3, p. 836; Marx e Engels,&nbsp;<em>Collected Works</em>, vol. 30, p. 62; Marx e Engels,&nbsp;<em>Collected Works</em>, vol. 46, p. 411.<br><strong>[23]</strong>&nbsp;Joan Martínez-Alier, “Rafael Correa, Marx and Extractivism,” EJOLT, 18.03.2013. Vedi anche Eduardo Gudynas, “Would Marx Be an Extractivist?,”&nbsp;<em>Post Development</em>, Social Ecology of Latin America Center, 31.03.2013.</p>
  651.  
  652.  
  653.  
  654. <p><strong>[24]</strong>&nbsp;Vedi “<a href="https://mronline.org/2013/10/16/metabolic-rift/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Metabolic Rift: A Selected Bibliography</a>,” MR Online, 16.10.2013; Marx,&nbsp;<em>Il capitale</em>, vol. 1, p. 638.<br><strong>[25]</strong>&nbsp;Marx e Engels,&nbsp;<em>Collected Works</em>, vol. 20, p. 129. Sono in debito con Ian Angus per aver attirato la mia attenzione su questo passaggio.<br><strong>[26]</strong>&nbsp;Marx ha usato il termine espropriazione circa trenta volte nell&#8217;ottava parte di&nbsp;<em>Il capitale</em>&nbsp;in relazione alla &#8220;cosiddetta accumulazione primitiva&#8221;, e ha usato &#8220;accumulazione primitiva&#8221; &#8211; che ha ripetutamente preceduto con &#8220;cosiddetta&#8221; o messo tra virgolette, e usato in passaggi grondanti di ironia &#8211; circa dieci volte. In diversi punti Marx ha indicato esplicitamente che la realtà (e la definizione storica) della &#8220;cosiddetta accumulazione primitiva&#8221; era l&#8217;espropriazione, mentre i titoli del secondo e del terzo capitolo di questa parte includono entrambi &#8220;espropriazione&#8221; o &#8220;espropriato&#8221;. Per una discussione generale sui concetti di appropriazione/espropriazione di Marx, si veda John Bellamy Foster e Brett Clark,&nbsp;<a href="https://monthlyreview.org/product/the-robbery-of-nature/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><em>The Robbery of Nature</em></a>, Monthly Review Press, New York, 2020, pp. 35–63.<br><strong>[27]</strong>&nbsp;Su Polanyi, l&#8217;appropriazione e la reciprocità, vedi Karl Polanyi,&nbsp;<em>Primitive, Archaic and Modern Economies,&nbsp;</em>Beacon, Boston, 1968, pp. 88–93, 106–7, 149–56; Foster e Clark,&nbsp;<em>The Robbery of Nature</em>, pp. 42–43.<br><strong>[28]</strong>&nbsp;Marx,&nbsp;<em>Il capitale</em>, Libro primo, p. 763.<br><strong>[29]</strong>&nbsp;Marx e Engels,&nbsp;<em>Collected Works</em>, vol. 29, p. 461.<br><strong>[30]</strong>&nbsp;John Bellamy Foster, Brett Clark e Hannah Holleman,&nbsp;<a href="https://doi.org/10.14452/MR-071-09-2020-02_1" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Marx and the Indigenous</a>,&nbsp;<em>Monthly Review</em>&nbsp;71, no. 9, febbraio 2020, pp. 1–19.<br><strong>[31]</strong>&nbsp;Marx,&nbsp;<em>Il capitale</em>, Libro primo, p. 638; Marx,&nbsp;<em>Il capitale</em>, Libro terzo, p. 120, 836.<br><strong>[32]</strong>&nbsp;Marx e Engels,&nbsp;<em>Collected Works</em>, vol. 37, p. 733, sottolineatura aggiunta.<br><strong>[33]</strong>&nbsp;Marx,&nbsp;<em>Il capitale</em>,&nbsp;<em>Libro primo</em>, 638; Marx,&nbsp;<em>Il capitale</em>, Libro terzo, p. 120, 836.<br><strong>[34]</strong>&nbsp;Stephen G. Bunker,&nbsp;<em>Underdeveloping the Amazon: Extraction, Unequal Exchange, and the Failure of the Modern State,&nbsp;</em>University of Chicago Press, Chicago, 1985, p. 22.<br><strong>[35]</strong>&nbsp;Gudynas,&nbsp;<em>Extractivisms</em>, pp. 26–27; Marx e Engels,&nbsp;<em>Collected Works</em>, vol. 28, p. 25; Marx e Engels,&nbsp;<em>Collected Works</em>, vol. 29, p. 461. Sui recenti lavori marxiani sull&#8217;espropriazione, vedi Nancy Fraser “Behind Marx’s Hidden Abode,”&nbsp;<em>Critical Historical Studies,&nbsp;</em>2016, p. 60; Nancy Fraser, “Roepke Lecture in Economic Geography—From Exploitation to Expropriation,”&nbsp;<em>Economic Geography</em>, 94, n. 1; Michael C. Dawson, “Hidden in Plain Sight,”&nbsp;<em>Critical Historical Studies</em>&nbsp;3, n. 1, 2016, p. 149; Peter Linebaugh,&nbsp;<em>Stop,&nbsp;Thief!,</em>&nbsp;PM Press, Oakland, 2014, p. 73; Foster e Clark,&nbsp;<em>The Robbery of Nature</em>.<br><strong>[36]</strong>&nbsp;Gudynas,&nbsp;<em>Extractivisms</em>, pp. 4–7.<br><strong>[37]</strong>&nbsp;Gudynas, “Would Marx Be an Extractivist?”<br><strong>[38]</strong>&nbsp;Martin Arboleda,&nbsp;<em>Planetary Mine: Territories of Extraction under Late Capitalism,&nbsp;</em>Verso, Londra, 2020.&nbsp;<em>Generalized-monopoly capital</em>&nbsp;è un termine introdotto da Samir Amin per designare le condizioni politico-economiche mondiali del XXI secolo in cui il capitale monopolistico, con il suo quartier generale per la maggior parte nella triade imperiale costituita da Stati Uniti/Canada, Europa occidentale e Giappone, ha esteso i suoi tentacoli in tutto il mondo, con la globalizzazione della produzione. Il tardo imperialismo è un termine che indica come queste condizioni abbiano promosso nuove forme di drenaggio del plusvalore dalla periferia al cuore del sistema capitalistico. Vedi Samir Amin,&nbsp;<a href="https://monthlyreview.org/product/modern_imperialism_monopoly_finance_capital_and_marxs_law_of_value/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><em>Modern Imperialism, Monopoly Finance Capital, and Marx’s Law of Value</em></a>, Monthly Review Press, New York, 2018, p. 162; John Bellamy Foster, “<a href="https://doi.org/10.14452/MR-071-03-2019-07_1" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Late Imperialism</a>,”&nbsp;<em>Monthly Review</em>&nbsp;71, n.3, luglio-agosto 2019, pp. 1–19.<br><strong>[39]</strong>&nbsp;Gudynas,&nbsp;<em>Extractivisms</em>, pp. 143–44.<br><strong>[40]</strong>&nbsp;James Petras e Henry Veltmeyer,&nbsp;<em>Extractive Imperialism in the Americas,&nbsp;</em>Brill, Leida, 2014, pp. 20–48.<br><strong>[41]</strong>&nbsp;Paul A. Baran,&nbsp;<a href="https://monthlyreview.org/product/political_economy_of_growth/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><em>The Political Economy of Growth</em></a>, Monthly Review Press, New York, 1962, pp. 22–43. Nello sviluppare la sua nozione di surplus e la sua relazione con l&#8217;ambiente, Gudynas ha dichiarato che la teoria della rendita di Marx è utile, «ma anche così la prospettiva marxista è limitata, in particolare perché non affronta le considerazioni ambientali». La sua argomentazione si scontra con due problemi. In primo luogo, non ha riconosciuto gli enormi progressi nella comprensione della critica ecologica di Marx negli ultimi decenni, che hanno generato una vasta letteratura a livello globale. In secondo luogo, rivolgendosi a Baran ed alla sua all&#8217;analisi del surplus, per produrre una critica politico-economica ed ecologica dell&#8217;estrattivismo, Gudynas si è ispirato a uno dei principali economisti marxisti del XX secolo.<br><strong>[42]</strong>&nbsp;Gudynas,&nbsp;<em>Extractivisms</em>, p. 83. Sulla relatione tra il concetto di surplus di Baran e quello di plusvalore di Marx, vedi John Bellamy Foster,&nbsp;<a href="https://monthlyreview.org/product/theory_of_monopoly_capitalism/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><em>The Theory of Monopoly Capitalism</em></a>, Monthly Review Press, New York, 2014, pp. 24–50.<br><strong>[43]</strong>&nbsp;Gudynas,&nbsp;<em>Extractivisms</em>, pp. 83–84.<br><strong>[44]</strong>&nbsp;Gudynas,&nbsp;<em>Extractivisms</em>, pp. 84–85. Sul modo in cui il concetto di &#8220;capitale naturale&#8221; è stato convertito da una categoria di valore d&#8217;uso nell&#8217;economia classica a una categoria di valore di scambio nell&#8217;economia neoclassica, vedi John Bellamy Foster, “<a href="https://doi.org/10.14452/MR-073-10-2022-03_1" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Nature as a Mode of Accumulation</a>,”&nbsp;<em>Monthly Review</em>&nbsp;73, n. 10, marzo 2022, pp. 1–24.<br><strong>[45]</strong>&nbsp;Marx e Engels,&nbsp;<em>Collected Works</em>, vol. 46, p. 411; Marx e Engels,&nbsp;<em>Collected Works</em>, vol. 30, p. 62; Marx e Engels,&nbsp;<em>Collected Works</em>, vol. 34, p. 391; Marx,&nbsp;<em>Il capitale</em>, Libro terzo, UTET, Milano 2017, p. 1002. Sebbene Marx ed Engels abbiano talvolta applicato il concetto di &#8220;sperpero&#8221; alla distruzione del suolo o dei corpi umani, anch&#8217;essi visti come forme di rapina, la distruzione di risorse non rinnovabili è stata semplicemente qualificata come sperpero. Sulla frattura corporea, vedi Foster e Clark,&nbsp;<em>The Robbery of Nature</em>, pp. 23–32.<br><strong>[46]</strong>&nbsp;Baran,&nbsp;<em>The Political Economy of Growth</em>, p. 42.<br><strong>[47]</strong>&nbsp;Gudynas,&nbsp;<em>Extractivisms</em>, pp. 112–13.<br><strong>[48]</strong>&nbsp;Clive Hamilton e Jacques Grinevald, “Was the Anthropocene Anticipated?,”&nbsp;<em>Anthropocene Review</em>&nbsp;2, n.1, 2015, p. 67.<br><strong>[49]</strong>&nbsp;La nozione di &#8220;società cumulativa&#8221; è tratta da Henri Lefebvre,&nbsp;<em>Critica della vita quotidiana</em>, volume secondo, Dedalo, Bari, 1977, p. 378.<br><strong>[50]</strong>&nbsp;Carles Soriano, “On the Anthropocene Formalization and the Proposal by the Anthropocene Working Group,”&nbsp;<em>Geologica Acta&nbsp;</em>18, n. 6, 2020, pp. 1–10.<br><strong>[51]</strong>&nbsp;John Bellamy Foster e Brett Clark, “<a href="https://doi.org/10.14452/MR-073-04-2021-08_1" target="_blank" rel="noreferrer noopener">The Capitalinian: The First Geological Age of the Anthropocene</a>,”&nbsp;<em>Monthly Review</em>&nbsp;73, n. 4, settembre 2021, p. 1–16, trad. it.&nbsp;<a href="https://antropocene.org/index.php/179-il-capitaliniano-la-prima-eta-geologica-dell-antropocene-2" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><em>Il Capitaliniano: la prima età geologica dell’Antropocene</em></a>, Antropocene.org, 06.11.2021; John Bellamy Foster, “<a href="https://doi.org/10.14452/MR-067-06-2015-10_1" target="_blank" rel="noreferrer noopener">The Great Capitalist Climacteric</a>,”&nbsp;<em>Monthly Review</em>&nbsp;67, n. 6, novembre 2015, p. 1–17,<br><strong>[52]</strong>&nbsp;Marx,&nbsp;<em>Manoscritto economico 1861-1863</em>, in Marx Engels,&nbsp;<em>Opere</em>, vol. 36, p. 110.</p>
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  656.  
  657.  
  658. <p><em>* Traduzione e revisione a cura di&nbsp;</em><strong>Giovanni Fava,&nbsp;Walter Dal Cin&nbsp;e&nbsp;Luciano Dal Mas,</strong><em> pubbicata sul sito</em><a href="https://antropocene.org/"><em>https://antropocene.org/</em></a><strong><em>. </em></strong><em>La versione originale è apparsa su&nbsp;</em><a href="https://monthlyreview.org/2024/04/01/extractivism-in-the-anthropocene/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><em>Monthly Review</em></a><em>&nbsp;vol. 75, n. 11 del 1° aprile 2024. John Bellamy Foster è direttore della rivista socialista indipendente </em><strong>Monthly Review</strong><em>. È professore di sociologia presso l&#8217;Università dell&#8217;Oregon e autore di </em><strong>The Ecological Revolution</strong><em>, </em><strong>The Great Financial Crisis</strong><em> (con Fred Magdoff), </em><strong>Critique of Intelligent Design </strong><em>(con Brett Clark e Richard York), </em><strong>Naked Imperialism</strong><em>, </em><strong>Ecology Against Capitalism,</strong><em> </em><strong>Marx&#8217;s Ecology</strong><em>, </em><strong>The Vulnerable Planet</strong><em> e </em><strong>The Theory of Monopoly Capitalism</strong><em>.</em></p>
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  662. <p></p>
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  666. <p></p>
  667. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/05/lestrattivismo-nellantropocene/">L&#8217;estrattivismo nell&#8217;Antropocene</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
  668. ]]></content:encoded>
  669. <post-id xmlns="com-wordpress:feed-additions:1">21749</post-id> </item>
  670. <item>
  671. <title>I BRICS: un’alternativa alla Banca Mondiale, al FMI e alle politiche promosse dalle potenze imperialiste tradizionali?</title>
  672. <link>https://mps-ti.ch/2024/05/i-brics-unalternativa-alla-banca-mondiale-al-fmi-e-alle-politiche-promosse-dalle-potenze-imperialiste-tradizionali/</link>
  673. <dc:creator><![CDATA[Segretariato MPS]]></dc:creator>
  674. <pubDate>Tue, 30 Apr 2024 22:41:36 +0000</pubDate>
  675. <category><![CDATA[Economia]]></category>
  676. <category><![CDATA[Internazionale]]></category>
  677. <guid isPermaLink="false">https://mps-ti.ch/?p=21746</guid>
  678.  
  679. <description><![CDATA[<p>Negli ultimi anni, il legittimo rifiuto delle politiche promosse dalle potenze imperialiste tradizionali (USA, Europa occidentale e Giappone) seguito dagli annunci dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) hanno suscitato grande interesse e aspettative di grandi cambiamenti, tra cui la creazione di una moneta comune per sfidare il dollaro come valuta dominante. Ma cosa [&#8230;]</p>
  680. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/05/i-brics-unalternativa-alla-banca-mondiale-al-fmi-e-alle-politiche-promosse-dalle-potenze-imperialiste-tradizionali/">I BRICS: un’alternativa alla Banca Mondiale, al FMI e alle politiche promosse dalle potenze imperialiste tradizionali?</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
  681. ]]></description>
  682. <content:encoded><![CDATA[<span class="rt-reading-time" style="display: block;"><span class="rt-label rt-prefix">Tempo di lettura:</span> <span class="rt-time">17</span> <span class="rt-label rt-postfix">minuti</span></span>
  683. <p><strong><em>Negli ultimi anni, il legittimo rifiuto delle politiche promosse dalle potenze imperialiste tradizionali (USA, Europa occidentale e Giappone) seguito dagli annunci dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) hanno suscitato grande interesse e aspettative di grandi cambiamenti, tra cui la creazione di una moneta comune per sfidare il dollaro come valuta dominante. Ma cosa è successo in realtà? Quali sono i risultati raggiunti dalla Nuova Banca di Sviluppo e dal Fondo Monetario dei BRICS?</em></strong></p>
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  687. <p><strong><em>Qual è il peso reale dei BRICS?</em></strong></p>
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  691. <p>I cinque Paesi membri fondatori dei BRICS [1], riunitisi nel 2011, sono Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica e rappresentano il 27% del PIL mondiale, il 20% delle esportazioni mondiali, il 20% della produzione mondiale di petrolio e il 41% della popolazione mondiale. Al vertice dell&#8217;agosto 2023 è stato annunciato l&#8217;allargamento del gruppo BRICS, il cui acronimo è stato modificato in BRICS+. Si sarebbero aggiunti altri sei Paesi: Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Iran e Argentina. Per finire, dopo l&#8217;elezione di Javier Milei nel novembre 2023, l&#8217;Argentina si è ritirata. Se aggiungiamo i cinque nuovi membri e ricalcoliamo il peso dei BRICS+, il grande cambiamento rispetto alla situazione precedente riguarda la produzione di petrolio. I BRICS+ rappresentano il 42% della produzione mondiale di petrolio e il 51% delle emissioni di gas serra. Qualche altro dato: i BRICS+ rappresentano il 29% del PIL mondiale, il 25% delle esportazioni mondiali e il 45% della popolazione del pianeta.</p>
  692.  
  693.  
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  695. <p><strong>Da anni si parla della possibilità che i BRICS lancino una nuova moneta. A che punto siamo?</strong></p>
  696.  
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  698.  
  699. <p>Anche se alcuni sperano che questo punto possa essere all&#8217;ordine del giorno del prossimo vertice BRICS, che si terrà nel 2024 a Kazan (capitale della Repubblica del Tatarstan, parte della Federazione Russa) sotto la presidenza russa di Vladimir Putin, la creazione di una moneta comune BRICS non è stata menzionata nella dichiarazione finale adottata al vertice BRICS tenutosi nell&#8217;agosto 2023 in Sudafrica [2]. È vero che nel suo discorso di chiusura del vertice, il presidente brasiliano ha annunciato che i BRICS avevano &#8220;<em>approvato la creazione di un gruppo di lavoro per studiare l&#8217;adozione di una valuta di riferimento per i BRICS. Questo aumenterà le nostre opzioni di pagamento e ridurrà le nostre vulnerabilità.</em>&#8221; [3]<br>Paulo Nogueira Batista, economista brasiliano che ha rappresentato il Brasile presso il FMI dal 2007 al 2015 sotto la presidenza Lula e poi ha ricoperto il ruolo di vicepresidente della Nuova Banca di Sviluppo (creata dai BRICS) dal 2015 al 2017, è tra coloro che sperano che la creazione di una valuta BRICS sia all&#8217;ordine del giorno del XVI vertice BRICS. In una comunicazione dell&#8217;ottobre 2023, Paulo Nogueira Batista ha dichiarato che &#8220;<em>Lo stesso presidente Putin, così come il presidente Lula, hanno spesso parlato di de-dollarizzazione e della possibile creazione di una moneta comune o di riferimento per i BRICS. Gli esperti russi lavorano sul tema almeno dal 2022. È abbastanza chiaro perché la Russia sia all’origine di questa idea</em>&#8220;.<br>Naturalmente, Nogueira si riferisce alle sanzioni a cui la Russia è stata sottoposta dopo l&#8217;annessione della Crimea nel 2014 e, soprattutto, dopo l&#8217;invasione dell&#8217;Ucraina nel 2022.<br>Paulo Nogueira Batista prosegue riassumendo alcuni dei progressi compiuti e i molti ostacoli incontrati, concludendo: &#8220;<em>Siamo fortunati che la Russia presiederà i BRICS nel 2024 e che il Brasile lo farà nel 2025 – proprio perché sembrano &nbsp;i due Paesi più interessati a creare una moneta comune o di riferimento. Se tutto andrà bene, i BRICS potrebbero prendere la decisione di creare una moneta al vertice in Russia del prossimo anno. Entro il vertice del 2025 in Brasile, i BRICS potrebbero essere in grado di annunciare i primi passi verso la sua realizzazione</em>&#8221; [4].<br>Ma ci sono anche altre posizioni. Lesetja Kganyago, economista neoliberale e governatore della Banca Centrale del Sudafrica, è molto meno ottimista di Paulo Nogueira. Ecco cosa scriveva a&nbsp; questo proposito William Gumede su Businessday il 21 agosto 2023, all&#8217;epoca del vertice dei BRICS: “<em>Lesetja Kganyago ha messo in guardia contro l&#8217;utilità di creare una moneta comune in un blocco commerciale i cui membri sono sparsi in posizioni geografiche molto diverse. Il successo dell&#8217;euro, la moneta comune dell&#8217;UE, si basa in parte sulla vicinanza geografica, su istituzioni e regimi economici e politici simili e sull&#8217;abbandono delle valute nazionali da parte delle singole economie nazionali. Una moneta BRICS richiederà anche una banca centrale BRICS, una politica monetaria comune, un allineamento delle politiche fiscali e una sinergia tra i regimi politici dell&#8217;intero blocco commerciale. Allo stato attuale, le valute dei BRICS hanno regimi bancari centrali poco adatti e non sono facilmente convertibili, a differenza dell&#8217;UE quando è stato creato l&#8217;euro. Le banche centrali di Cina e Russia sono inoltre controllate dallo Stato, mentre Sudafrica, India e Brasile hanno banche centrali indipendenti. La grande domanda è se la Cina o la Russia rinunceranno alla loro sovranità sulle valute nazionali, cruciale per il successo di una moneta comune</em>&#8221; [5].<br>Aggiungiamo che è difficile immaginare che l&#8217;India di Narendra Modi, che probabilmente vincerà le elezioni del maggio 2024, entri in conflitto con gli Stati Uniti sostenendo il lancio di una moneta comune, soprattutto perché proseguono i confronti economici e militari sino-indiani. Di fronte alla Cina, l&#8217;India sta rafforzando le proprie relazioni con Israele, Washington, Australia e Giappone, mentre allo stesso tempo aiuta la Russia a vendere il suo petrolio e rimane un membro dei BRICS. Come sottolinea Kganyago, l&#8217;India vuole mantenere la sovranità sulla propria moneta. Lo stesso vale per il Brasile, poiché consente a entrambi i Paesi di mantenere o rafforzare la propria influenza nelle loro tradizionali aree di influenza economica. Il Brasile rispetto alle economie vicine (Paraguay, Perù, Bolivia, Ecuador, Venezuela…); l&#8217;India rispetto a Bangladesh, Nepal, Sri Lanka, … .<br>Ritengo che sia più importante valutare l&#8217;attuale situazione piuttosto che speculare sulla probabilità che un giorno si concretizzi una moneta comune dei BRICS. Quello che è certo è che, al di là della retorica dei rappresentanti russi e brasiliani, nella pratica non ci sono stati finora progressi nella creazione di una moneta comune.</p>
  700.  
  701.  
  702.  
  703. <p><strong>In poche parole, cos&#8217;è la Nuova Banca di Sviluppo? Qual è la quota di ciascun Paese BRICS nella Nuova Banca di Sviluppo (NBS) e come funziona?</strong></p>
  704.  
  705.  
  706.  
  707. <p>La NBS è stata ufficialmente creata il 15 luglio 2014 in occasione del 6° vertice BRICS tenutosi a Fortaleza, in Brasile. La NBS ha concesso i primi prestiti a partire dalla fine del 2016. I cinque Paesi fondatori hanno ciascuno una quota uguale del capitale della Banca e nessuno ha un diritto di veto. Oltre ai 5 Paesi fondatori, la NBS include, come membri, Bangladesh, Emirati Arabi Uniti ed Egitto [6]. L&#8217;Uruguay sta per rendere effettiva la sua adesione. La NBS ha un capitale di 50 miliardi di dollari, che in futuro dovrebbe essere portato a 100 miliardi. La presidenza è assunta a rotazione. Ogni Paese ha il diritto di assumere un turno di presidenza per un mandato di cinque anni. L&#8217;attuale presidente Dilma Rousseff è brasiliana, mentre il prossimo presidente sarà russo e verrà nominato nel 2025 da Vladimir Putin, appena rieletto presidente della Federazione Russa fino al 2030. La Nuova Banca di Sviluppo ha annunciato che si concentrerà principalmente sul finanziamento di progetti infrastrutturali, tra cui sistemi di distribuzione dell&#8217;acqua e sistemi di produzione di energia rinnovabile. Insiste sulla natura &#8220;verde&#8221; dei progetti finanziati, anche se per la verità questo aspetto sia molto discutibile.</p>
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  709.  
  710.  
  711. <p><strong>L’opinione di Paulo Nogueira sulla Nuova Banca di Sviluppo</strong></p>
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  713.  
  714.  
  715. <p>Date le sue responsabilità come rappresentante del Brasile presso il FMI e poi come vicepresidente della NBS, vale la pena pubblicare un ampio estratto dei commenti di Paulo Nogueira Batista sulla nuova banca creata dai BRICS: &#8220;<em>La Banca ha realizzato molto, ma non è ancora riuscita a fare la differenza. Una delle ragioni è legata, dobbiamo dirlo con franchezza, nel tipo di persone che abbiamo mandato a Shanghai dal 2015 come presidenti e vicepresidenti dell&#8217;istituzione. Il Brasile, ad esempio, sotto l&#8217;amministrazione Bolsonaro, ha inviato una persona debole come presidente dalla metà del 2020 all&#8217;inizio del 2023 &#8211; tecnicamente debole, orientata all&#8217;Occidente, senza leadership e senza alcuna idea su come guidare un&#8217;iniziativa geopolitica. Purtroppo, la Russia non fa eccezione: il vicepresidente russo della NBS è del tutto inadeguato al compito. La debolezza della gestione ha spesso portato a un cattivo reclutamento del personale.<br>A questi problemi interni alla Banca si sono aggiunti ostacoli politici più ampi, tra cui le relazioni tese tra Cina e India, le sanzioni imposte alla Russia dal 2014 e, soprattutto, dal 2022, e le crisi politiche in Brasile e Sudafrica. Questi problemi macro-politici all&#8217;interno e tra i membri fondatori hanno danneggiato anche la NBS.<br>Il Brasile ha delegato Dilma Rousseff, ex presidente del Brasile, alla presidenza dell&#8217;istituzione. Tuttavia, le restano meno di due anni per risollevare le sorti della Banca. Il tempo a disposizione non è sufficiente. Il futuro della NBS dipende quindi in gran parte dalla Russia. La Russia avrà l&#8217;opportunità di nominare un nuovo presidente per 5 anni, a partire dal luglio 2025. Sono convinto che questa volta la Russia sarà in grado di inviare una persona forte, di alto livello politico, tecnicamente valida e con una chiara visione degli obiettivi geopolitici che hanno portato i BRICS a creare la NBS </em>&#8220;.<br>Queste speranze di Paulo Nogueira che la Russia possa offrire alla NBS una forza molto maggiore a partire dal 2025 devono essere mitigate da due fattori importanti. In primo luogo, gli sviluppi della guerra in Ucraina e le sanzioni internazionali imposte alla Russia da USA, Europa occidentale e Giappone. In secondo luogo, la decisione della NBS del 4 marzo 2022 di interrompere i prestiti alla Russia. La NBS ha scelto di rispettare le sanzioni imposte dai partner di Washington e si è astenuta dal concedere nuovi prestiti alla Russia, per timore di un declassamento del suo rating creditizio, dato che quasi il 7% degli impegni della NBS sono in Russia (il declassamento da parte delle agenzie di rating di New York è avvenuto effettivamente a metà del 2022). Una situazione questa che può essere verificata direttamente &nbsp;sul sito della NBS (<a href="https://www.ndb.int/projects/all-projects/">https://www.ndb.int/projects/all-projects/</a> ) e in modo più particolareggiato a questo link: <a href="https://www.ndb.int/projects/all-projects/?country=russia&amp;key_area_focus=&amp;project_status=&amp;type_category=&amp;pyearval=#paginated-list">https://www.ndb.int/projects/all-projects/?country=russia&amp;key_area_focus=&amp;project_status=&amp;type_category=&amp;pyearval=#paginated-list</a> dove si può vedere che l&#8217;ultimo progetto sostenuto finanziariamente dalla NBS in Russia risale al 2021.</p>
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  719. <p><strong>Ma quali sono gli altri elementi di delusione espressi da Paulo Nogueira sulla Nuova Banca di Sviluppo?</strong></p>
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  723. <p>Torniamo alla valutazione di Paulo Nogueira sulle debolezze della NBS: &#8220;<em>Perché è possibile affermare che la NBS è stata finora una delusione? Eccone alcune ragioni. Gli esborsi sono stati sorprendentemente lenti, i progetti vengono approvati ma non trasformati in contratti. Quando i contratti vengono firmati, l&#8217;effettiva attuazione dei progetti è lenta. I risultati sul campo sono scarsi. Le operazioni &#8211; finanziamenti e prestiti &#8211; sono principalmente in dollari USA, la valuta che serve anche come unità di conto della Banca. Come possiamo, come BRICS, parlare in modo credibile di de-dollarizzazione se la nostra principale iniziativa finanziaria continua ad essere prevalentemente basata sul dollaro?<br>Non ditemi che non è possibile effettuare operazioni nelle valute nazionali dei nostri Paesi. La Banca Interamericana di Sviluppo (la BIS), ad esempio, ha una notevole esperienza di operazioni in valuta brasiliana da molti anni. Non capisco perché la NBS non abbia beneficiato di questa esperienza. Possiamo aspettarci che Dilma Rousseff cominci a risolvere questi problemi.<br>La NBS è inoltre ben lontana dall&#8217;essere la banca mondiale che avevamo previsto al momento della sua creazione. In otto anni di esistenza, solo tre nuovi Paesi vi hanno aderito. Questo dato va confrontato con quello della Banca asiatica di investimento per le infrastrutture [7] a guida cinese, l&#8217;AIIB, istituita più o meno nello stesso periodo della NBS e che da tempo conta più di 100 Paesi membri. Inoltre, la governance della NBS è carente e le regole non vengono rispettate dalla dirigenza. Il consiglio di amministrazione è inefficace. La trasparenza non è rispettata. La Banca è opaca, sono poche le informazioni rese pubbliche sui prestiti e sui progetti rese. Le risorse umane sono deboli. Molte posizioni importanti all&#8217;interno della Banca non sono occupate e lo scoraggiamento dei dipendenti è dilagante, conducendo a partenze e, di conseguenza, a una riduzione del numero totale di dipendenti&#8221;</em>.<br>Ricordiamo che queste considerazioni estremamente critiche non provengono certo da un nemico dei BRICS; ma da un convinto sostenitore della necessità di dare maggiore forza alle iniziative dei BRICS.<br>Va inoltre sottolineato che nell&#8217;aprile del 2023, l&#8217;ultimo prestito della NBS sui mercati finanziari ha assunto la forma di obbligazioni in dollari [8] anziché in renminbi, come avveniva all&#8217;inizio dell&#8217;attività della banca. Si tratta di un&#8217;ulteriore prova che le pratiche della NBS e la strategia dei BRICS non sono in linea con l&#8217;obiettivo dichiarato di ridurre risolutamente il ruolo del dollaro nel commercio internazionale. Per gli anni 2020-2021, il 75% dei prestiti della NBS sono stati effettuati in dollari. La direzione della NBS ha annunciato che in futuro ridurrà i prestiti e i crediti in dollari, fino a raggiungere il 70% delle sue attività e passività entro il 2030:&nbsp; un obiettivo poco ambizioso e ancora tutto da verificare.</p>
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  727. <p><strong>Perché la NBS sottoscrive prestiti sui mercati finanziari e in dollari?</strong></p>
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  731. <p>È un&#8217;ottima domanda. La prima conclusione è che c&#8217;è un&#8217;enorme incoerenza tra l&#8217;affermazione dei leader dei BRICS di voler ridurre il ruolo del dollaro e il fatto che stanno prendendo a prestito dollari sui mercati finanziari. Se fossero coerenti, dovrebbero sviluppare una moneta comune o commerciare sempre più attraverso un paniere comune delle loro valute. E se devono proprio ancora ricorrere al dollaro, per quale ragione prendere a prestito sui mercati finanziari quando la Cina possiede un&#8217;enorme quantità di dollari nelle sue riserve, più di 3’000 miliardi di dollari (3.307.000.000 di dollari al 31 dicembre 2022 secondo la Banca Mondiale). Anche l&#8217;India e il Brasile dispongono di ingenti riserve in dollari. Secondo la Banca Mondiale, alla fine del 2022 le riserve valutarie del Brasile ammonteranno a 325 miliardi di dollari, quelle dell&#8217;India a 563 miliardi e quelle della Russia a 582 miliardi. Ci si potrebbe anche chiedere perché la Russia abbia lasciato quasi 300 miliardi di euro di riserve in Europa occidentale, principalmente presso Euroclear a Bruxelles, che alla fine sono state bloccate nell&#8217;ambito delle sanzioni seguite all&#8217;invasione dell&#8217;Ucraina nel 2022. La conclusione che si può trarre è che, lungi dall&#8217;aver costruito insieme potenti strumenti comuni per finanziare il commercio e gli investimenti, i BRICS rimangono ancorati a relazioni basate sulla supremazia del dollaro e riproducono il modello di finanziamento adottato dalle principali istituzioni finanziarie internazionali come il FMI e la Banca Mondiale. Certo, una differenza c&#8217;è, ed è grande: la Nuova Banca di Sviluppo non condiziona i suoi prestiti all&#8217;applicazione di politiche di aggiustamento strutturale (anche se non lo fa nemmeno la Banca Mondiale, visto che i prestiti sono principalmente basati su progetti microeconomici e devono quindi essere giustificati come bancabili indipendentemente dalle politiche macroeconomiche di un Paese).</p>
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  735. <p><strong>Quali tipi di progetti vengono finanziati dalla Nuova Banca di Sviluppo?</strong></p>
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  739. <p>In effetti è davvero importante esaminare i tipi di iniziative finanziate dalla NBS. L&#8217;analisi rigorosa condotta dell&#8217;economista sudafricano Patrick Bond sui progetti finanziati dalla NBS in Sudafrica mostra che questi progetti rafforzano l&#8217;estrazione neocoloniale di materie prime e la combustione di combustibili fossili, spesso a beneficio di debitori chiaramente corrotti e oppressivi. (Si legga &#8220;BRICS New Development Bank Corruption in South Africa&#8221;, pubblicato il 5 settembre 2022, <a href="http://www.cadtm.org/BRICS-New-Development-Bank-Corruption-in-South-Africa">http://www.cadtm.org/BRICS-New-Development-Bank-Corruption-in-South-Africa</a> ).<br>In questo articolo, Patrick Bond conclude che &#8220;<em>La NBS non sembra essere un&#8217;alternativa a un sistema di finanziamento dello sviluppo incentrato su Washington e pieno di problemi. Al contrario, il caso sudafricano dimostra che ci sono tutti gli ingredienti che fanno sì che la NBS amplifichi lo sviluppo ineguale finanziando alcune delle istituzioni più notoriamente corrotte del Paese, per progetti che sono a loro volta molto dubbi</em>&#8220;.<br>In un recente documento presentato da Patrick Bond al Forum sociale mondiale in Nepal nel febbraio 2024, intitolato &#8220;<em>The BRICS New Development Bank &amp; Sub-Imperialism: Working within, not against, global financial power</em>&#8221; (La nuova banca di sviluppo dei BRICS e il sub-imperialismo: lavorare all&#8217;interno del potere finanziario globale, non contro di esso) [9], l&#8217;autore dimostra che le politiche dei BRICS, e in particolare quelle della NBS, non costituiscono un&#8217;alternativa al modello imperialista dominato dagli Stati Uniti. Non rompono con il dominio del dollaro e riproducono lo stesso modello di esportazione estrattivista.<br>Possiamo ragionevolmente condividere l&#8217;opinione di Samir Amin, ripresa anche da Patrick Bond, secondo cui le politiche dei BRICS non rompono fondamentalmente con la globalizzazione capitalista neoliberista. Ha scritto Samir Amin: &#8220;<em>L&#8217;offensiva in corso dell&#8217;imperialismo collettivo USA-Europa-Giappone contro tutti i popoli del Sud del mondo poggia su due gambe:<br>&#8211; la gamba economica &#8211; il neoliberismo globale imposto come unica politica economica possibile; e</em><br><em>&#8211; la gamba politica – costituita da continui interventi, comprese guerre preventive contro coloro che rifiutano gli interventi imperialisti.<br>In risposta, alcuni Paesi del Sud, come i BRICS, camminano al massimo su una gamba sola: rifiutano la geopolitica dell&#8217;imperialismo [10] ma accettano il neoliberismo economico</em>&#8220;. [11]</p>
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  742.  
  743. <p><strong>A che punto è il Fondo monetario dei BRICS, noto con l&#8217;acronimo CRA?</strong></p>
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  747. <p>Torniamo all&#8217;opinione espressa da Paulo Nogueira Batista sui BRICS e sul loro Fondo Monetario Comune: &#8220;<em>I BRICS sono senza dubbio una forza importante nel mondo, e lo sono stati fin dall&#8217;inizio, nel 2008. Possiamo essere un fattore cruciale nel consolidamento di un mondo post-occidentale e multipolare. Questo è ciò che ci si aspetta dai nostri Paesi. Ci si può tuttavia chiedere se i BRICS abbiano risposto pienamente a questa aspettativa. Cosa abbiamo ottenuto da quando abbiamo iniziato a lavorare insieme nel 2008, su iniziativa della Russia? Cosa possiamo ottenere in futuro? Per tentare di rispondere alla prima domanda, sarò franco e a volte anche un po&#8217; duro. Non prendete le mie parole come arroganti o pretenziose. Consideratele l&#8217;espressione di un&#8217;opinione esperta, fallibile come tutte le opinioni. Spero che le mie osservazioni non siano del tutto fuori luogo. Non è forse vero che l&#8217;autocritica, anche se dolorosa, alla fine può essere benefica? Non parlerò come ricercatore accademico ma come professionista, essendo stato coinvolto nel processo BRICS fin dall&#8217;inizio, nel 2008, da Washington D.C., e fino al 2017, quando ho lasciato l&#8217;incarico di vicepresidente della Banca BRICS a Shanghai. Al di là dei discorsi, delle dichiarazioni e dei comunicati, finora abbiamo ottenuto due risultati pratici e potenzialmente molto importanti: 1) un fondo monetario BRICS, chiamato Contingent Reserve Arrangement (CRA); e, cosa più significativa, 2) una banca di sviluppo multilaterale, chiamata New Development Bank (NDB &#8211; NBS ), meglio conosciuta come Banca BRICS, con sede a Shanghai.<br>I due meccanismi di finanziamento BRICS esistenti sono stati creati a metà del 2015, più di otto anni fa. Vi assicuro che quando abbiamo iniziato con la CRA e la NBS, a Washington, presso il FMI e la Banca Mondiale, c&#8217;era una notevole preoccupazione per quello che i BRICS stavano facendo in questo settore. Posso testimoniarlo perché all&#8217;epoca vivevo lì, in qualità di direttore esecutivo per il Brasile e altri Paesi nel Consiglio di amministrazione del FMI.<br>Con il tempo, però, a Washington ci si è rilassati, forse percependo che con il CRA (= Fondo Monetario Comune dei BRICS) e la Nuova Banca di Sviluppo non stavamo andando da nessuna parte</em>&#8220;.<br>Paulo Nogueira Batista sostiene che la estrema lentezza della realizzazione del CRA e della NBS da parte dei BRICS ha rassicurato i funzionari del FMI e della BM, che in precedenza avevano espresso grande preoccupazione per la potenziale concorrenza.</p>
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  751. <p><strong>Perché il progetto del Fondo Monetario Comune non si è sviluppato?</strong></p>
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  755. <p>Ecco come Paulo Nogueira affronta il tema della lentezza dei progressi nella creazione del Fondo monetario comune che i BRICS avrebbero dovuto creare sotto il nome di CRA: “<em> Il CRA è stato congelato dalle nostre cinque banche centrali. Rimane piccolo, ha solo cinque membri e il suo lavoro è ostacolato da numerose restrizioni. Non è stata creata l&#8217;unità di sorveglianza che avevamo previsto e non sono state effettuate operazioni di sostegno alla bilancia dei pagamenti, ma solo dei test. Se i BRICS vogliono davvero offrire un&#8217;alternativa al FMI dominato dall&#8217;Occidente, il CRA deve essere ampliato in termini di risorse, si deve consentire l&#8217;ingresso di nuovi Paesi, aumentare la sua flessibilità, creare al più presto una forte unità di sorveglianza (simile a quella dell&#8217;iniziativa di Chiang Mai a Singapore) e si deve allentare progressivamente il legame con il FMI.<br>Tutto questo è più facile a dirsi che a farsi. Avendo partecipato intensamente ai due anni di negoziati che hanno portato all&#8217;ARC, posso dire che la ragione principale della mancanza di progressi è l&#8217;accanita resistenza delle nostre banche centrali, con l&#8217;eccezione della banca centrale cinese. La banca centrale brasiliana è probabilmente la peggiore.<br>La banca centrale sudafricana non era lontana dal rendere il CRA inflessibile, il che è molto strano visto che il Sudafrica è l&#8217;unico Paese BRICS che potrebbe avere bisogno di un sostegno alla bilancia dei pagamenti nel prossimo futuro.<br>E la Russia? Possiamo far capire alla banca centrale russa che l&#8217;ARC è oggi potenzialmente ancora più importante di quando l&#8217;abbiamo concepito, dato il mutato contesto geopolitico?<br>E non ditemi che il CRA soffre degli stessi problemi di tutti gli altri fondi monetari creati come alternativa o complemento al FMI. Per esempio, il piccolo FLAR &#8211; Fondo di Riserva dell&#8217;America Latina [12] &#8211; e il Fondo Monetario Arabo [13] hanno più membri del CRA e sono istituzioni attive che hanno effettuato numerose operazioni di sostegno alla bilancia dei pagamenti. Nel frattempo, il nostro ARC è rimasto inattivo</em>&#8220;.<br>È sorprendente constatare come quando, non molto tempo fa, il Sudafrica ha avuto bisogno di credito per garantire l’equilibrio della propria bilancia dei pagamenti, invece di chiedere un prestito al CRA, si sia rivolta al FMI. Le incoerenze rafforzate dalle contraddizioni (in particolare tra Cina e India) tra i BRICS hanno finora impedito loro di creare il fondo monetario comune che avevano promesso di istituire dieci anni fa. Un ulteriore fattore è entrato in gioco: a parte il Sudafrica, i membri dei BRICS non mancano di riserve valutarie. Detto questo, se avessero voluto davvero costituire un grande polo di attrazione nei confronti dei Paesi più deboli, avrebbero avuto tutto da guadagnare dalla creazione di questo fondo monetario.</p>
  756.  
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  758.  
  759. <p><strong>Quali elementi della dichiarazione finale del vertice dei BRICS del 2023 dimostrano che essi non rappresentano un&#8217;alternativa al modello economico applicato da Washington e dai suoi alleati?</strong></p>
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  762.  
  763. <p>Ecco alcuni estratti della dichiarazione finale del Vertice dei BRICS dell&#8217;agosto 2023, che mostrano molto chiaramente che le politiche sostenute sono in linea con la globalizzazione capitalista neoliberista promossa dalle potenze imperialiste tradizionali, da istituzioni come la Banca Mondiale, il FMI, l&#8217;OMC, il G7, il G20 e le grandi imprese private. Abbiamo evidenziato in grassetto alcuni passaggi:<br>&#8220;<em>&#8211; 8 Riaffermiamo il nostro sostegno al sistema commerciale multilaterale aperto, trasparente, giusto, prevedibile, inclusivo, equo, non discriminatorio e basato su regole, al centro del quale si trova l&#8217;Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), (&#8230;)<br>&#8211; 9. sottolineiamo la necessità di compiere progressi verso un sistema commerciale agricolo equo e orientato al mercato&#8230;<br>&#8211; 10. Sosteniamo una forte rete di sicurezza finanziaria globale, <strong>con al centro il Fondo Monetario Internazionale </strong>(FMI).<br>&#8211; 29. Constatiamo che gli alti livelli di debito in alcuni Paesi stanno riducendo lo spazio di spesa necessario per affrontare le sfide di sviluppo in corso, aggravati dagli effetti di ricaduta degli shock esterni, in particolare la forte stretta monetaria nelle economie avanzate. L&#8217;aumento dei tassi di interesse e l&#8217;inasprimento delle condizioni di finanziamento stanno esacerbando la vulnerabilità del debito in molti Paesi. (&#8230;) Uno degli strumenti, tra gli altri, per affrontare collettivamente le vulnerabilità del debito è <strong>l&#8217;attuazione prevedibile, ordinata, tempestiva e coordinata del quadro comune del G20</strong> per il trattamento del debito&#8230;<br>&#8211; 30. Riaffermiamo <strong>l&#8217;importanza che il G20 continui ad essere il principale forum multilaterale per la cooperazione economica e finanziaria internazionale</strong>, che include sia i mercati sviluppati ed emergenti che i Paesi in via di sviluppo, dove le principali economie lavorano insieme per trovare soluzioni alle sfide globali. Siamo ansiosi di ospitare con successo il 18° Vertice del G20 a Nuova Delhi [9-10/9/2023], sotto la presidenza indiana del G20.(&#8230;)&#8221;</em><br>Quelli che abbiamo qui riportato sono estratti del XV° Vertice dei BRICS, in particolare della Dichiarazione finale di Johannesburg del 23 agosto 2023 (https://brics2023.gov.za/wp-content/uploads/2023/08/Jhb-II-Declaration-24-August-2023-1.pdf )<br>Come dimostrano questi passaggi, i BRICS accettano il quadro capitalistico globale strutturato attorno a una serie di pilastri istituzionali che, secondo loro stessi, devono continuare a svolgere un ruolo centrale.<br>Non solo quindi non propongono un quadro istituzionale alternativo a quello messo in atto dopo la Seconda Guerra Mondiale o dopo la crisi del 2008, quando fu attivato il G20, ma quello che stanno costruendo adotta lo stesso modello di finanziamento. Si tratta di un modello di sviluppo economico incentrato sullo sfruttamento delle risorse naturali dei Paesi del Sud globale e della loro forza lavoro altamente competitiva, al fine di commercializzare il maggior numero possibile di prodotti e servizi su un mercato mondiale dominato da grandi aziende private e da grandi potenze economiche e militari. Nelle dichiarazioni dei BRICS non c&#8217;è alcuna critica al sistema capitalista, al suo modo di produzione, ai suoi rapporti di proprietà, allo sfruttamento dei popoli e della natura. Il motivo è semplice: i BRICS sono essi stessi Paesi che hanno adottato il sistema capitalista, con alcune caratteristiche specifiche, come nel caso della Cina, dove le imprese statali e lo Stato centrale giocano un ruolo fondamentale.<br>Siamo ben lontani dalla costruzione di una nuova architettura internazionale di cui i popoli hanno un urgente bisogno.</p>
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  767. <p><strong><em>(L&#8217;autore desidera ringraziare Patrick Bond, il cui ampio lavoro sui BRICS è stato utile per la stesura di questo articolo. Desidera inoltre ringraziare Patrick Bond e Maxime Perriot per la correzione delle bozze e Claude Quémar per l&#8217;aiuto nella ricerca dei documenti.)</em></strong></p>
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  771. <p>[1] I BRIC, creati nel 2009, sono stati allargati al Sudafrica nel 2011 e sono diventati i BRICS. Con l&#8217;aggiunta di nuovi membri, i BRICS diventeranno BRICS+ dal 2024.<br>[2] XV Vertice BRICS Johannesburg II Declaration, &#8220;BRICS and Africa: Partnership for Mutually Accelerated Growth, Sustainable Development and Inclusive Multilateralism&#8221;, Sandton, Gauteng, Sudafrica, 23 agosto 2023, <a href="https://brics2023.gov.za/wp-content/uploads/2023/08/Jhb-II-Declaration-24-August-2023-1.pdf">https://brics2023.gov.za/wp-content/uploads/2023/08/Jhb-II-Declaration-24-August-2023-1.pdf</a><br>[3] Lula: &#8220;<em>ho approvato la creazione di un gruppo di lavoro per studiare l&#8217;adozione di un&#8217;agenda di riferimento per i Brics. Aumenterà le nostre possibilità di pagamento e ridurrà le nostre vulnerabilità</em>&#8221; Folha de Paulo, &#8220;Moeda do Brics: theme ganha tratamento tímido em cúpula&#8221; &#8211; 25/08/2023 &#8211; <a href="https://www1.folha.uol.com.br/mercado/2023/08/india-resiste-a-moeda-do-brics-e-tema-ganha-tratamento-timido-em-cupula.shtml">https://www1.folha.uol.com.br/mercado/2023/08/india-resiste-a-moeda-do-brics-e-tema-ganha-tratamento-timido-em-cupula.shtml</a>. &nbsp;CNN, &#8220;Brics criam grupo de trabalho para avaliar moeda comum&#8221; <a href="https://www.youtube.com/watch?v=keUdkW-s5M4">https://www.youtube.com/watch?v=keUdkW-s5M4</a><br>[4] Paulo Nogueira Batista , &#8220;BRICS Financial and Monetary Initiatives &#8211; the New Development Bank, the Contingent Reserve Arrangement, and a Possible New Currency&#8221;, 03.10.2023, <a href="https://valdaiclub.com/a/highlights/brics-financial-and-monetary-initiatives/">https://valdaiclub.com/a/highlights/brics-financial-and-monetary-initiatives/</a> &nbsp;consultato il 30 marzo 2024.<br>[5] William Gumede, &#8220;Brics and the bars to dedollarising the world&#8221;, pubblicato il 21 agosto 2023, <a href="https://www.businesslive.co.za/bd/opinion/2023-08-21-william-gumede-brics-and-the-bars-to-dedollarising-the-world/">https://www.businesslive.co.za/bd/opinion/2023-08-21-william-gumede-brics-and-the-bars-to-dedollarising-the-world/</a> consultato il 30 marzo 2024.<br>[6] Il Bangladesh e gli Emirati Arabi Uniti sono diventati membri nel 2021, l&#8217;Egitto nel 2023.<br>[7] Sul suo sito ufficiale <a href="https://www.aiib.org/en/index.html">https://www.aiib.org/en/index.html</a>, la banca si descrive così: &#8220;<em>La Banca asiatica per gli investimenti nelle infrastrutture (AIIB) è una banca multilaterale di sviluppo la cui missione è finanziare le infrastrutture di domani &#8211; infrastrutture per la sostenibilità. Abbiamo iniziato le operazioni a Pechino nel gennaio 2016 e da allora siamo cresciuti fino a raggiungere 109 membri autorizzati in tutto il mondo. Abbiamo una capitalizzazione di 100 miliardi di dollari e una valutazione di tripla A da parte delle principali agenzie di rating internazionali. Insieme ai nostri partner, l&#8217;AIIB risponde alle esigenze dei nostri clienti sbloccando nuovi capitali e investendo in infrastrutture verdi e tecnologiche che promuovono la connettività regionale</em>.&#8221;<br>[8] Nell&#8217;aprile 2023, la NBS ha venduto 1,25 miliardi di dollari di obbligazioni verdi. Si veda il rapporto dell&#8217;agenzia di rating Fitch: <a href="https://www.fitchratings.com/research/sovereigns/fitch-revises-new-development-bank-outlook-to-stable-affirms-at-aa-16-05-2023">https://www.fitchratings.com/research/sovereigns/fitch-revises-new-development-bank-outlook-to-stable-affirms-at-aa-16-05-2023</a> &nbsp;consultato il 1° aprile 2024.<br>[9] Patrick Bond, &#8220;The BRICS New Development Bank &amp; Sub-Imperialism: Working within, not against, global financial power&#8221;, pubblicato il 20 febbraio 2024, <a href="https://www.cadtm.org/The-BRICS-New-Development-Bank-Sub-Imperialism-Working-within-not-against">https://www.cadtm.org/The-BRICS-New-Development-Bank-Sub-Imperialism-Working-within-not-against</a> &nbsp;consultato il 30 marzo 2024.<br>[10] Le cose sono complicate perché nel caso del sostegno alle politiche genocide di Israele, è chiaro che cinque regimi BRICS+ &#8211; Riyadh, Abu Dhabi, Il Cairo, Nuova Delhi e Addis Abeba &#8211; sostengono costantemente il punto di vista imperialista; mentre due &#8211; Pechino e Mosca &#8211; si coprono le spalle, ad esempio tacendo sui processi della Corte Internazionale di Giustizia che Israele deve affrontare; mentre tre si oppongono chiaramente: Pretoria, Brasilia e soprattutto Teheran.<br>[11] Samir Amin, &#8220;Contemporary Imperialism&#8221;, Monthly Review, luglio 2015, <a href="https://monthlyreview.org/2015/07/01/contemporary-imperialism/">https://monthlyreview.org/2015/07/01/contemporary-imperialism/</a> consultato il 30 marzo 2024.<br>[12] Il Fondo di Riserva Latinoamericano (FLAR), precedentemente noto come Fondo di Riserva Andino, è un&#8217;organizzazione finanziaria internazionale costituita da Bolivia, Colombia, Costa Rica, Ecuador, Paraguay, Perù, Uruguay, Cile e Venezuela. Il FLAR fa parte del sistema di integrazione andina e ha sede a Bogotà, in Colombia.<br>[13] Il Fondo Monetario Arabo è un&#8217;organizzazione regionale araba fondata nel 1976 e che ha iniziato a operare nel 1977. I Paesi membri (22) sono: Giordania, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Tunisia, Algeria, Gibuti, Arabia Saudita, Sudan, Siria, Somalia, Iraq, Oman, Palestina, Qatar, Kuwait, Libano, Libia, Egitto, Marocco, Mauritania, Yemen, Comore.</p>
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  775. <p><strong><em>* Eric Toussaint ha conseguito un dottorato in scienze politiche presso le università di Liegi e Parigi VIII, è portavoce del CADTM international e membro del Consiglio scientifico di ATTAC France. È autore dei libri </em>Banque mondiale &#8211; Une histoire critique, Syllepse, 2022,Capitulation entre adultes: Grèce 2015, une alternative était possible, Syllepse, 2020<em>, </em>Le Système Dette. Histoire des dettes souveraines et de leur répudiation, Les liens qui libèrent, 2017; Bancocratie, ADEN, Bruxelles, 2014; Procès d&#8217;un homme exemplaire, Éditions Al Dante, Marsiglia, 2013; Un coup d&#8217;œil dans le rétroviseur. L&#8217;idéologie néolibérale des origines jusqu&#8217;à aujourd&#8217;hui, Le Cerisier, Mons, 2010. È coautore con Damien Millet dei libri AAA, Audit, Annulation, Autre politique, Le Seuil, Parigi, 2012; La dette ou la vie, Aden/CADTM, Bruxelles, 2011<em>. Molte di queste opere sono state tradotte e pubblicate in italiano.<br>Toussaint ha coordinato i lavori della Commissione per la verità sul debito pubblico greco, istituita il 4 aprile 2015 dal Presidente del Parlamento greco. Questa commissione ha operato sotto gli auspici del Parlamento tra aprile e ottobre 2015.</em></strong></p>
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  780. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/05/i-brics-unalternativa-alla-banca-mondiale-al-fmi-e-alle-politiche-promosse-dalle-potenze-imperialiste-tradizionali/">I BRICS: un’alternativa alla Banca Mondiale, al FMI e alle politiche promosse dalle potenze imperialiste tradizionali?</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
  781. ]]></content:encoded>
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  783. <item>
  784. <title>Nelle mani delle casse malati</title>
  785. <link>https://mps-ti.ch/2024/04/nelle-mani-delle-casse-malati/</link>
  786. <dc:creator><![CDATA[Segretariato MPS]]></dc:creator>
  787. <pubDate>Tue, 30 Apr 2024 07:25:38 +0000</pubDate>
  788. <category><![CDATA[Politica]]></category>
  789. <category><![CDATA[Sanità]]></category>
  790. <category><![CDATA[Svizzera]]></category>
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  794. <description><![CDATA[<p>Negli ultimi giorni, per la prima volta le casse malati hanno esercitato il diritto di contestare le decisioni di pianificazione ospedaliera. Curafutura e Santésuisse hanno ricorso contro le decisioni di tre Cantoni (Appenzello Interno ed Esterno e San Gallo) relative a un mandato nel settore della cardiochirurgia.Val la pena richiamare le possibili implicazioni sul futuro [&#8230;]</p>
  795. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/04/nelle-mani-delle-casse-malati/">Nelle mani delle casse malati</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
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  797. <content:encoded><![CDATA[<span class="rt-reading-time" style="display: block;"><span class="rt-label rt-prefix">Tempo di lettura:</span> <span class="rt-time">3</span> <span class="rt-label rt-postfix">minuti</span></span>
  798. <p>Negli ultimi giorni, per la prima volta le casse malati hanno esercitato il diritto di contestare le decisioni di pianificazione ospedaliera. Curafutura e Santésuisse hanno ricorso contro le decisioni di tre Cantoni (Appenzello Interno ed Esterno e San Gallo) relative a un mandato nel settore della cardiochirurgia.<br>Val la pena richiamare le possibili implicazioni sul futuro della pianificazione ospedaliera cantonale, in particolare l’emergenza di nuovi equilibri di potere tra i diversi attori della pianificazione e di criteri che, sebbene presenti da tempo, sembrano essersi ormai consolidati come la &#8220;normalità&#8221; nella pianificazione ospedaliera e sanitaria.<br>In un comunicato del 23 aprile, ci viene spiegato che &#8220;<em> Curafutura e Santésuisse hanno deciso di avvalersi per la prima volta del nuovo diritto di ricorso come <strong>chiaro segnale in difesa degli assicurati</strong></em><em> </em>&#8220;. Il mondo all’incontrario: la lobby delle casse malati che, per difendere i propri interessi (e non appare ormai più necessario dimostrare quali siano), si fa scudo degli “interessi” degli assicurati, cioè di quei milioni di famiglie che da anni essa tartassa con il prelevamento di premi ritenuti eccessivi ormai da tutti, o quasi. La situazione è ancora più preoccupante se consideriamo che, di fatto, esse rimangono l&#8217;unico interlocutore degli esecutivi cantonali, responsabili delle decisioni fondamentali sulla pianificazione.<br>Il risultato di questo confronto è prevedibile: le casse malati otterranno una vittoria schiacciante: l’esito dei dibattiti nel Parlamento nazionale in occasione dei tentativi di ridurre il potere delle casse malati (pensiamo alle discussioni sulle famose “riserve”), ha dimostrato quanto “pesino” le casse malati.<br>La riforma EFAS, introducendo un finanziamento pubblico uniforme per le prestazioni ospedaliere e per quelle ambulatoriali e di cura &#8211; voteremo in autunno, potrebbe ulteriormente rafforzare il potere delle casse malati, consegnando di fatto la politica sanitaria nelle loro mani.<br>In Ticino, la situazione è ancora più complicata poiché nel 2021 il Gran Consiglio ha di fatto rinunciato a pronunciarsi sulla pianificazione ospedaliera, limitandosi a definirne gli &#8220;indirizzi strategici&#8221; e affidando le decisioni fondamentali al Consiglio di Stato.<br>Nel ricorso al quale abbiamo accennato emerge infatti il ruolo decisivo della quantità degli atti medici praticati in una struttura sanitaria al fine di valutarne la qualità. Scrive Santésuisse: “<em>Un nuovo centro specializzato in cardiochirurgia porterebbe a una diminuzione della qualità: già oggi in vari ospedali non viene raggiunto il numero minimo di casi richiesto</em>”; e, ancora: “ <em>Un basso numero di casi trattati comporta generalmente una riduzione della qualità delle cure e un rischio supplementare per i pazienti</em>”.<br>Queste osservazioni hanno sicuramente un fondo di verità, in particolare se riferite ad atti medici e di cura estremamente specialistici; ma non sono certo applicabili <em>“generalmente</em>” a tutti i tipi di intervento ospedaliero.<br>In realtà, questa visione quantitativa muove da una logica economica e produttiva, piuttosto che da una genuina preoccupazione per la qualità. Gli atti medici sono equiparati alla produzione di merci, con l&#8217;obiettivo di ridurne i costi unitari. Questo ha portato, ad esempio, all&#8217;introduzione del sistema di finanziamento DRG, forfettario per tipo di intervento anziché basato sui costi reali dei singoli casi individuali.<br>Abbiamo avuto la conferma di come questi concetti di &#8220;sicurezza&#8221; e &#8220;qualità&#8221; vengono spesso usati per giustificare la riduzione dell&#8217;offerta sanitaria nelle recenti discussioni sulla concentrazione dei Pronto soccorso pediatrici: “<em>si pone l’obiettivo di accrescere la sicurezza e la qualità delle cure pediatriche</em>” ha dichiarato il direttore dell’EOC Martinetti.<br>Ma lo stesso discorso è pure emerso, in passato e ancora di recente, in merito al mantenimento di reparti di ostetricia negli ospedali regionali. A più riprese si è affermato che il mancato raggiungimento di un certo numero di parti all’anno in alcuni ospedali regionali (a cominciare da quello di Mendrisio), non solo rappresenta un “costo” eccessivo, ma metterebbe a repentaglio la sicurezza delle pazienti e dei nascituri.<br>Nell’ambito della precedente pianificazione, una maggioranza del Gran Consiglio aveva di fatto proposto la dismissione – a vantaggio di una fusione con la struttura privata del gruppo Genolier-St.Anna – del reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale regionale di Lugano. Quella decisione, fortunatamente, venne spazzata via dal referendum lanciato dall’MPS e da altre forze politiche.<br>Il ricorso da cui siamo partiti annuncia un futuro nel quale la sanità in Svizzera sarà sempre più in modo decisivo nelle mani dei grandi gruppi di cassa malati, ancora più di quanto non lo sia già adesso. Un futuro nel quale il ruolo e le possibilità di intervento dell’ente pubblico saranno sempre più marginali. Un futuro denso di nubi per i&nbsp; e le pazienti, che sono poi i cittadini e cittadine che pagano salatissimi premi di cassa malati. Un futuro nel quale, è ormai evidente, i premi aumenteranno e l’offerta, la qualità e la varietà delle prestazioni di cura tenderanno a diminuire.</p>
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  802. <p><strong><em>*articolo apparso il 30 aprile 2024 sul quotidiano La Regione.</em></strong></p>
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  807. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/04/nelle-mani-delle-casse-malati/">Nelle mani delle casse malati</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
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  810. <item>
  811. <title>ErreDiPi si mobilita a favore del SÌ il prossimo 9 giugno sul cassa pensione</title>
  812. <link>https://mps-ti.ch/2024/04/erredipi-si-mobilita-a-favore-del-si-il-prossimo-9-giugno-sul-cassa-pensione/</link>
  813. <dc:creator><![CDATA[Segretariato MPS]]></dc:creator>
  814. <pubDate>Mon, 29 Apr 2024 13:42:46 +0000</pubDate>
  815. <category><![CDATA[Senza categoria]]></category>
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  818. <description><![CDATA[<p>In una conferenza stampa tenuta questa mattina a Bellinzona, ErreDiPi ha presentato la sua campagna a sostegno di un SÌ convinto alla votazione a favore delle misure di compensazione per gli assicurati alla cassa IPCT approvate dal Parlamento lo scorso 17 ottobre.Come si ricorderà alla fine di quella seduta, i rappresentanti di Lega e UDC [&#8230;]</p>
  819. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/04/erredipi-si-mobilita-a-favore-del-si-il-prossimo-9-giugno-sul-cassa-pensione/">ErreDiPi si mobilita a favore del SÌ il prossimo 9 giugno sul cassa pensione</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
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  821. <content:encoded><![CDATA[<span class="rt-reading-time" style="display: block;"><span class="rt-label rt-prefix">Tempo di lettura:</span> <span class="rt-time">&lt; 1</span> <span class="rt-label rt-postfix">minuto</span></span>
  822. <p>In una conferenza stampa tenuta questa mattina a Bellinzona, ErreDiPi ha presentato la sua campagna a sostegno di un SÌ convinto alla votazione a favore delle misure di compensazione per gli assicurati alla cassa IPCT approvate dal Parlamento lo scorso 17 ottobre.<br>Come si ricorderà alla fine di quella seduta, i rappresentanti di Lega e UDC riuscirono a raggiungere i 25 voti (grazie al contributo determinante del Centro) che ha permesso loro di sottoporre a referendum finanziario obbligatorio quella decisione senza nemmeno dover fare lo sforzo di raccogliere le firme.<br>Votare SÌ a queste misure diventa oggi necessario per sconfiggere il referendum della estrema destra.<br>Naturalmente l&#8217;accordo raggiunto non è del tutto soddisfacente, in particolare poiché la compensazione per evitare una diminuzione delle rendite future avviene certo con le misure decise dal Parlamento e oggetto della votazione; ma, soprattutto, attraverso altri contributi che verserà direttamente la cassa e ottenuti con il taglio di prestazioni (riduzione rendita vedovile) e con una minore remunerazione degli averi di vecchia degli assicurati (tasso di interesse ridotto a poco più dell&#8217;1% malgrado rendimenti maggiori).<br>Ma, al di là di questo giudizio, ErreDiPi è attivamente impegnato nella campagna per il SÌ. E per rendere pubblico il suo impegno, ma anche quello dei lavoratori e delle lavoratrici assicurati/e presso IPCT, ha indetto una manifestazione popolare che si terrà mercoledì 22 maggio  a Bellinzona a partire dalle 17.15 (ritrovo stazione FFS). Invitiamo tutti e tutte a partecipare a questa manifestazione.<br>Nel corso della conferenza stampa odierna, ErreDiPi ha presentato una documentazione che può essere scaricata al seguente indirizzo:  <a href="https://mps-ti.ch/wp-content/uploads/2024/04/Conf-stampa-ErreDiPi-2.pdf">https://mps-ti.ch/wp-content/uploads/2024/04/Conf-stampa-ErreDiPi.pdf. </a></p>
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  827. <p>L'articolo <a href="https://mps-ti.ch/2024/04/erredipi-si-mobilita-a-favore-del-si-il-prossimo-9-giugno-sul-cassa-pensione/">ErreDiPi si mobilita a favore del SÌ il prossimo 9 giugno sul cassa pensione</a> proviene da <a href="https://mps-ti.ch">MPS - Movimento per il socialismo</a>.</p>
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